Dossier
Un anno con Francesco
Fin dal primo istante di pontificato, quel 13 aprile di un anno fa, Jorge Mario Bergoglio ha stupito il mondo. A partire dal nome scelto. Prima di lui nessuno aveva osato chiamarsi Francesco. Nonostante che da oltre sette secoli sia il santo più amato dai cattolici. «Non dimenticarti dei poveri», gli aveva detto il francescano Hummes subito dopo l’elezione. Quattro giorni più tardi sarà lo stesso Papa a raccontarlo ai seimila giornalisti accreditati: «Quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri… Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». È anche il primo Papa non europeo da 1.200 anni. Il primo gesuita. Il primo a convivere con il suo predecessore in Vaticano.
Un pontificato caratterizzato fin dall’inizio da gesti semplici, spontanei, che «spiazzano» la Curia romana e gli stessi commentatori. Comincia con la rinuncia – al momento della vestizione – alla mozzetta bordata di pelliccia e alla croce pettorale d’oro, per tenersi quella di ferro che aveva sempre portato da vescovo. Poi rifiuta di sedersi sul trono per l’omaggio dei cardinali. È lui che va incontro a loro, abbracciando per primo il cardinale indiano Ivan Dias, malato e in sedia a rotelle. Quindi saluta con un familiare «Fratelli e sorelle, buonasera!» affacciandosi dalla Loggia Vaticana. Dopo la benedizione, che Francesco dà e poi col capo chino riceve in silenzio dal popolo, la berlina targata SCV1 lo attende per portarlo a Santa Marta, ma lui sceglie di salire nel pulmino assieme agli altri cardinali. Cena con loro come nei giorni precedenti e poi rientra nella sua stanza, la 207, in quella residenza che sceglierà come sua casa, per poter rimanere in mezzo alla gente.
Il primo gesto pubblico da Papa è l’uscita alle 8 del mattino del 14 aprile per un’omaggio all’Icona della Salus Populi Romani in Santa Maria Maggiore. Al ritorno chiede di fermarsi alla reception della Casa del Clero di via della Scrofa, dove aveva alloggiato prima del Conclave. La foto del Papa che paga il conto dell’albergo, come una qualsiasi persona, fa il giro del mondo. Poi la lavanda dei piedi ai giovani carcerati, la scelta di Lampedusa per la sua prima visita pastorale, senza autorità e senza seguito. Le intense giornate di Rio; la veglia di preghiera per la pace in Siria; la visita alla tomba del poverello di Assisi; gli incontri nelle parrocchie romane. È tutto un susseguirsi di gesti, mai fini a se stessi ma capaci di sintetizzare e trasmettere un messaggio. Perché a lui piace ricordare – come ebbe a dire ai partecipanti al Convegno catechistico internazionale, «quello che san Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo». Perché i Pastori, per Francesco, devono certo saper stare «davanti al gregge per indicare la strada», ma «anche in mezzo al gregge per mantenerlo unito» e «dietro al gregge per evitare che qualcuno rimanga indietro e perché lo stesso gregge ha, per così dire, il fiuto nel trovare la strada». La gente, anche quella più lontana dalla Chiesa, sente che lui ha «l’odore delle pecore».
Da Francesco in questo anno non sono arrivati solo gesti, ovviamente. Ma anche parole che vanno sempre dritte al cuore. Come nelle semplici omelie a braccio che tiene ogni mattina nella Messa a Santa Marta. Come negli Angelus domenicali o nelle udienze generali del mercoledì, quasi sempre integrate a braccio, rispetto al testo scritto. Ma anche in un documento di grande spessore come l’Esortazione «Evangelii gaudium», che riassume la sua visione di Chiesa. E infine decisioni, che stanno cambiando anche il volto della Curia romana. Come la riforma dello Ior e la creazione di un Consiglio dei cardinali, provenienti da tutto il mondo per affiancarlo e consigliarlo.
Uno «stile» che ha sorpreso il mondo