Mondo

UGANDA, CONTINUANO LE VIOLENZE IN ATTESA CHE LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE ALZI LA VOCE

La cronaca di Kitgum, nell’estremo nord dell’Uganda, è sempre più quella di una cittadella della solidarietà accerchiata da una banda di fanatici, senza scrupoli, conosciuti per ferocia ed altre miserie. I ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) – agli ordini di Joseph Kony, un criminale visionario che dice d’essere posseduto da un fantomatico spirito divino (‘Tipu Maleng’ in lingua acholi) – continuano a seminare atrocità d’ogni sorta nei villaggi attorno a Kitgum. È la dedizione dei missionari, delle missionarie e dei volontari a infondere un barlume di speranza nel cuore di un’umanità dolente, crocefissa, umiliata e chissà, forse anche destinata volutamente da menti perverse ad essere cancellata dalla Storia di un intero Paese, l’Uganda. Non passa giorno senza che vengano diffuse notizie di stragi e quant’altro. Basti pensare che tra lunedì e martedì, ben 9 persone sono state barbaramente uccise, alcune delle quali all’arma bianca, in località Mucwini, una ventina di chilometri a nord dalla cittadina acholi. Le forze dell’esercito governativo, nei fatti, sembrano essere incapaci di garantire l’incolumità dei civili i quali, per paura dei ribelli, fuggono verso Kitgum nella speranza di sfuggire al pericolo.

E proprio a Kitgum da giorni si teme un attacco in grande stile della ribellione. Il copione è praticamente sempre lo stesso da anni: Kony dice a parole di combattere una guerra contro l’esercito governativo e paradossalmente, finisce sempre per prendersela con la povera gente. Sull’altro versante, il governo di Kampala promette di liberare i distretti acholi dagli ‘olum’ (‘erba’, così vengono chiamati i ribelli nella lingua locale) con risultati a dir poco deludenti. Anche i tentativi negoziali messi a punto dall’Arlpi (Acholi Religious Leaders Peace Initiative), un cartello interreligioso che si prodiga nel ricercare una soluzione ‘non violenta’, sembrano essere naufragati dal marzo scorso, quando la mancanza reciproca di fiducia tra governativi e ribelli ha determinato la sospensione di ogni forma di dialogo.

“A questo punto non resta che invocare ad alta voce un intervento internazionale”, ha dichiarato alla MISNA Macleord Ochola, vescovo anglicano emerito di Kitgum, figura di spicco dell’Arlpi. “Ritengo che non vi sia altra soluzione che chiedere aiuto all’estero per salvare i civili dei distretti acholi” ha precisato Ochola, auspicando un deciso pronunciamento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla delicata questione nordugandese. “La nostra gente ha certamente bisogno di aiuti umanitari, soprtattutto derrate alimentari e medicine, ma anche di una forza internazionale di ‘peacekeeping’ capace di monitorare la situazione e al tempo stesso in grado di difendere la gente da eventuali aggressioni. Penso ad una missione di pace come quella della Monuc nell’ex Zaire”.

Intanto, dal vicino Sudan giungono notizie di continui approvviggionamenti di armi e munizioni destinati allo Lra. Kony sarebbe infatti ancora al soldo del regime sudanese, nonostante l’impegno assunto da Khartoum di non foraggiare più gli olum. In effetti, la riconquista, nei mesi scorsi, della cittadina di Torit, nella regione dell’Equatoria, da parte dei governativi sudanesi, sarebbe stata possibile proprio grazie all’aiuto dello Lra.

Nel frattempo Kampala continua ad essere un fedele alleato di John Garang, leader storico dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan), formazione antigovernativa sudsudanese. Non è da escludere che un accordo di pace tra il governo sudanese e lo Spla, in fase di definizione a Machakos in Kenya, possa giovare anche alla causa dei distretti acholi. Intanto a Kitgum e dintorni si continua a morire.Misna