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Ucraina, ignobile far credere che la vittima sia il carnefice

I vescovi dell’Unione europea seguono con preoccupazione la situazione in Ucraina a tre anni dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala e si appellano affinché si arrivi presto ad una pace. Intervista a mons. Crociata, presidente Comece

(Foto Ansa/Sir)

“A preoccupare rimangono soprattutto le condizioni di vita del popolo ucraino. Tre anni di guerra hanno portato morte e devastazione nelle regioni martellate dai bombardamenti e danni incalcolabili nel resto del Paese, con l’effetto di produrre privazioni e impoverimento per tutti”. I vescovi dell’Unione europea seguono con preoccupazione la situazione in Ucraina a tre anni dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala e si appellano affinché si arrivi presto ad una pace. “La sfida al di sopra di ogni altra – puntualizza mons. Mariano Crociata, dal 22 marzo 2023, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea – è quella di porre fine alla guerra, ma le condizioni alle quali tale fine si profila appare ben lontana dalla pace giusta auspicata da tutti noi fin dall’inizio”.

Quanto è complicata la situazione?
Se guardiamo agli effetti che la guerra ha prodotto al di là dei Paesi in guerra, allora la situazione appare molto complicata. Nonostante gli Stati membri dell’Ue abbiano mantenuto una linea sostanzialmente unitaria nelle fasi iniziali dall’invasione dell’Ucraina, con il passare dei mesi e degli anni il conflitto ha reso evidente alcune delle vulnerabilità dell’Unione europea. Ovviamente, mi riferisco alla crisi economica dovuta all’aumento del costo dell’energia che si è ripercossa sulla vita quotidiana delle persone, e alla preoccupante polarizzazione delle nostre società, alimentata da una costante attività di disinformazione e rispecchiata a livello politico.

Poteva essere evitato questo scontro armato? Alla luce di questi 3 anni, ci sono stati degli errori da parte delle istituzioni Ue?
Difficile ragionare per ipotesi. Autorevoli commentatori evidenziano che alcuni segnali non sono stati colti per tempo dall’Unione Europea, e soprattutto che essa non abbia elaborato valutazioni e iniziative adeguate dopo l’invasione del 2014. Se di errori si deve parlare essi vanno comunque riferiti alla fase precedente all’invasione di tre anni fa. Abbiamo tutti auspicato la ricerca di un dialogo e l’apertura di una via diplomatica, ma la mancanza strutturale di una politica estera comune ha impedito all’Europa di sviluppare una visione strategica a lungo termine. Probabilmente, una politica estera comune avrebbe consentito non solo di scongiurare il conflitto o gestirlo meglio, ma anche di evitare una dipendenza energetica simile a quella che molti dei nostri Stati avevano nei confronti della Russia.

Con l’elezione di Trump a presidente Usa e soprattutto con il suo “dinamismo” diplomatico ed internazionale, l’Ue appare ancora più debole. Come si ricuce una pace vera? E a quale ruolo è chiamata l’Europa?
Ritengo che nell’attuale quadro geopolitico da lei descritto sia fondamentale che l’Unione europea continui a promuovere una solidarietà con l’Ucraina, che sia transatlantica e globale. Ovviamente, come accennato, l’Unione europea sconta un ritardo nel perseguire una crescente unità, e precisamente una unità politica, tra i suoi Paesi membri, e nel percepirne l’urgenza e la necessità; e sconta una sottovalutazione delle prospettive di evoluzione della situazione geopolitica globale, con le conseguenze che adesso si temono in ordine alla sua stessa sicurezza. Cominciano a profilarsi inesorabili gli effetti di una sostanziale marginalità e di una incapacità dell’Unione europea ad articolare una propria iniziativa politica a motivo della divisione tra i Paesi membri, che potrebbe perfino crescere, non ultimo a motivo delle difficoltà interne e della conseguente debolezza economica e politica anche di Paesi fondatori. Ci vorrebbe uno scatto di coscienza e di volontà in un momento come l’attuale, particolarmente delicato e anche potenzialmente pericoloso per il futuro dell’Unione. Le vie da percorrere per affrontare le gigantesche sfide del presente, infatti, sono state indicate da Rapporti autorevoli, ma fa difetto una adeguata e proporzionata capacità di iniziativa.

In questo anniversario a nome dei Vescovi cattolici Ue, quale messaggio vuole far arrivare al popolo ucraino?
Il primo messaggio lo dobbiamo indirizzare a noi stessi. Ciò che sta accadendo – in particolare il dover assistere a uno spettacolo ignobile come quello che vuol far credere che la vittima sia il carnefice – è così sconcertante e inaudito, che la cosa più facile diventa fermarsi allo sdegno e al rifiuto della realtà. È invece il momento di mantenere un grande equilibrio d’animo e una altrettanto grande pacatezza di giudizio, dando il giusto nome e il giusto peso a parole, fatti, atteggiamenti. Più che mai in questo momento dobbiamo fare appello alla nostra coscienza cristiana e ai principi a cui essa è formata, senza la quale, almeno per noi ma anche per tanti, davvero tutto è perduto. È il momento di resistere al capovolgimento della realtà e allo stravolgimento della verità. In questo consiste il primo e fondamentale messaggio che possiamo e dobbiamo mandare al popolo ucraino: che noi non accetteremo mai di farlo passare per quello che non è. Esso da tre anni subisce una invasione e una guerra di cui è solo vittima innocente. Non smetteremo mai di parlare e di agire, e non meno anche di pregare, perché questa suprema ingiustizia sia riconosciuta come tale e sia riparata. Bisogna assicurare una pace vera, giusta e duratura.