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Ucraina: le difficoltà della diplomazia e le possibili vie d’uscita

È possibile uscire dalla guerra in Ucraina? A una settimana dall'inizio dei conflitti, le riflessioni di un ricercatore dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze

A una settimana dall’inizio della guerra, non si intravedono facili soluzioni. L’inizio della crisi è stato caratterizzato da una doppia “sorpresa”. In primo luogo, la sorpresa dei leader e analisti europei che avevano sottovalutato o interpretato male i segnali russi, la credibilità della loro minaccia, e la loro volontà di combattere per quello che Putin non ha esitato a definire un “interesse strategico vitale per la Russia”. In secondo luogo, la sorpresa per la coraggiosa resistenza del popolo ucraino nel difendere con determinazione la propria indipendenza di fronte al soverchiante invasore russo.

A questo punto della crisi gli analisti descrivono la situazione come “volatile”, che è sinonimo di rischiosa. Tra i rischi reali quello di una escalation del conflitto in Ucraina con un dispiegamento massiccio di forze convenzionali, che stiamo già osservando raggiungere il territorio ucraino dalla Russia, e un corrispondente incremento di vittime civili. Ma a preoccupare anche maggiormente è il rischio di una escalation nucleare dove lo stesso Putin ha promesso “conseguenze mai viste” per chi intende ostacolare i suoi piani, e ha allertato le forze di deterrenza (incluse armi nucleari) a seguito della notizia del fornimento di armi all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali. D’altronde è stato lo stesso Putin in una intervista del 2018 ad affermare: “se qualcuno decide di distruggere la Russia, abbiamo il diritto di rispondere. Sarà un disastro per l’umanità e per il mondo intero.  Ma sono un cittadino e capo di Stato russo. A cosa ci serve un mondo senza la Russia?”.

Al netto del “bluff strategico” tipico dei rapporti tra Stati, utilizzato per ottenere risultati migliori ai tavoli negoziali, non possiamo che rimanere perplessi di fronte a queste affermazioni. Tra gli analisti e nell’opinione pubblica, stanno emergendo due approcci, o teorie, su quale sia la linea politica da adottare per andare verso la risoluzione della crisi e scongiurare questo inquietante corso di eventi. Da una parte l’azione di Putin viene interpretata come animata da un irriducibile disegno di aggressione imperialista ingiustificata e immotivata. Questa interpretazione vede nell’eliminazione di Putin l’unica possibile soluzione alla crisi, e non ammette compromessi come spartizioni territoriali o una negoziazione della neutralità dell’Ucraina. D’altra parte, c’è chi tende a enfatizzare come la presente guerra sia piuttosto il frutto di una progressiva escalation e fallimento della diplomazia europea nell’interpretare le prerogative strategiche russe, gli effettivi rapporti di forza, e il bilanciamento che si poteva realisticamente opporre al disegno del Cremlino. Secondo questa ipotesi, una postura intransigente o addirittura aggressiva da parte dei Paesi occidentali, come il finanziamento massiccio della resistenza ucraina (per non parlare dell’idea di istituire una no-fly zone in territorio ucraino), potrebbero portare a più morte e spargimenti di sangue, e allontanare, anziché avvicinare, la soluzione della crisi, aumentando il rischio di escalation incontrollata.

I Paesi europei hanno risposto in maniera unitaria con ingenti sanzioni volte a colpire la leadership e gli interessi economici russi, nella speranza che le pressioni interne portino Putin a cambiare rotta o alla sua deposizione. Tuttavia, se questa pressione internazionale non otterrà l’effetto desiderato, la diplomazia dovrà essere creativa nel dare a Putin vie d’uscita, ossia soluzioni accettabili per il popolo ucraino ma che allo stesso tempo permettano a Putin di salvare la faccia. Di tali soluzioni, ad oggi, è difficile immaginarne. Una tra queste potrebbe vedere la spartizione dell’Ucraina in una zona controllata dalla Russia e una controllata da uno Stato ucraino indipendente all’interno dell’Unione Europea. Non è chiaro, invece, se ci siano ancora i margini per negoziare la neutralità dell’Ucraina. Sia il popolo ucraino che la maggior parte dei leader europei rigettano queste eventualità. Ma il rischio è di doversi trovare un domani ad accettare simili condizioni, questa volta non negoziate ma imposte a seguito di una escalation del conflitto, con maggiore distruzione e sacrificio di vite umane.  

Michele Giovanardi

Ricercatore presso l’Istituto Universitario Europeo