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Ucraina. Don Ladnyuk (Dnipro): “Non stancatevi di questa guerra, ci siamo noi sul fronte a vedere come muore la gente”
“Un missile è caduto su due edifici di due piani abitato da famiglie. Si trova in un paesino alla periferia ad est della città di Dnipro. Passavo di lì proprio in quel momento quando il missile si è schiantato sulle case. È morta una bambina e la sua mamma è in condizioni critiche. Non si sa nemmeno se riescono a salvarle la vita. Solo quando è caduto il missile è suonato l’allarme, ma a quel punto era troppo tardi”. È il drammatico racconto da Dnipro di don Oleh Ladnyuk, sacerdote greco-cattolico salesiano. Le agenzie di stampa battono immediatamente la notizia. Il corpo di una bambina di due anni è stato estratto dalle macerie. Nell’attacco ventidue persone sono rimaste ferite, tra cui cinque bambini. Tre di loro sono in condizioni critiche. La guerra non guarda all’età delle sue vittime.
Sono 485 i bambini morti dall’inizio della guerra su vasta scala. A rendere nota la cifra è il presidente ucraino Zelensky nel suo messaggio quotidiano diffuso proprio nel giorno in cui il mondo celebrava la Giornata mondiale in difesa dei bambini innocenti vittime di aggressioni. “Questo è un numero che possiamo confermare ufficialmente, conoscendo i dati di ogni bambino”, ha detto il presidente. “Sfortunatamente, il loro numero reale è più alto. Ogni volta che liberiamo la nostra terra dagli occupanti russi, apprendiamo la terribile verità sull’occupazione”. Oltre alle vittime, c’è anche forte preoccupazione per la totale mancanza di informazioni complete sulle centinaia di migliaia di bambini deportati in Russia. “Ad oggi, grazie a vari sforzi, – ha detto Zelensky – è stato possibile riportare 371 bambini dalla deportazione in Ucraina. Nonostante sappiamo con certezza almeno 19.505 bambini ucraini deportati, e questa è solo una parte di tutti i nostri piccoli uomini e donne ucraini che sono ancora con il nemico”.
“La situazione è molto grave”, racconta il salesiano. “Nelle ultime due settimane non c’è stato giorno in cui non sono suonati allarmi. Abbiamo sentito gli spari. Abbiamo passato notti in cui nessuno è riuscito a dormire. Si sentivano rumori forti e il cielo sopra di noi era praticamente illuminato dagli spari contro missili e droni”. La missione della Chiesa e in questo caso dei salesiani, continua nonostante le difficoltà. “Lavoriamo su tre fronti”, spiega don Oleh. “Aiutiamo la gente civile con distribuzioni di viveri, medicinali e beni di prima necessità. L’altro fronte sono le evacuazioni. Alcuni giorni fa, su segnalazione dei militari, abbiamo aiutato un anziano in difficoltà ad uscire dalla città di Bakhmut. Infine abbiamo avviato sul campo un progetto del Vis”, il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo che è un’organizzazione non governativa dei salesiani. Il progetto ha una duplice finalità, in quanto si preoccupa sia del benessere fisico che di quello psicologico della popolazione locale. In pratica, con team mobile di psicologi e assistenti si raggiungono i villaggi nel Donbass, dove si lavora su un doppio binario: il gioco e il training psicologico per migliorare il benessere mentale e i meccanismi di resilienza ai traumi della guerra. “Dopo più di un anno di attacchi, siamo stanchi”, spiega il sacerdote. “La gente non dorme e quando non dormi è tutto più difficile”.
“Ma quello che ci fa più male – aggiunge don Oleh – è sentire in Europa che la gente è stanca di questa guerra. Questo ci distrugge. Perché ci siamo noi sul fronte a vedere come muore la gente”.“Quello che vorrei chiedere all’Italia e all’Europa è: non stancatevi di questa guerra. La gente si abitua e il livello di sostegno diminuisce. Ma qui i russi stanno compiendo un vero genocidio: hanno rubato i nostri bambini, hanno distrutto intere città, hanno messo in prigione due nostri preti che attualmente si trovano da 6 mesi in qualche carcere, hanno distrutto le nostre chiese, hanno cercato e perseguitato anche chi frequentava la nostra chiesa. Non ci si può stancare di questa tragedia”.
La morte dei bambini. “Come salesiano, conosco tantissimi bambini e grazie a Dio sono riuscito a salvarne molti evacuandoli dai territori del fronte”, prosegue il sacerdote. “La morte di un bambino è un grande dolore però non c’è solo la morte fisica. C’è anche la morte psicologica ed è terribile”.“La mente e il carattere di un uomo si costruiscono nell’età infantile. Noi qui ora ci troviamo con tutti bambini che hanno subito ferite, vissuto traumi e non solo sulla zona del fronte ma in tutto il Paese. Ci sono bambini che sono stati costretti a lasciare la loro casa e le loro città. Ci sono bambini che continuano a vivere nei sotterranei. Bambini che non vanno a scuola e faticano a dormire la notte. Abbiamo problemi che non finiranno con la guerra ma continueranno purtroppo ancora per molti anni. E di tutto questo, un giorno, i responsabili dovranno rendere conto”.