La comunità cattolica del Vicariato apostolico di Anatolia si appresta a vivere il primo Natale senza il suo vescovo, mons. Luigi Padovese, ucciso a coltellate, il 3 giugno scorso, dal suo autista Murat Altun. E lo fa celebrando anche a Iskenderun, luogo dell’omicidio, dove la parrocchia era stata chiusa ed ora riaperta dopo che i frati minori conventuali hanno deciso di restare. Spiega al Sir il padre cappuccino, Domenico Bertogli, da 25 anni in Turchia e parroco di Antiochia: sarà un Natale diverso. Mons. Padovese era solito celebrare la messa di Mezzanotte nella grotta di san Pietro ed era un momento importante per la nostra piccola comunità. Cerchiamo ora di andare avanti, stiamo allestendo il presepe e mettendo luci colorate. Anche piccoli segni esteriori possono aiutare a vivere meglio queste feste che ci riportano a vivere nel profondo il senso di comunità e di appartenenza alla Chiesa. Ad animare le celebrazioni sarà il coro Arcobaleno di Antiochia e un gruppo di bambini reciterà passi della nascita di Gesù. La vita continua e dobbiamo andare avanti guardando a Colui che ci è padre. Analoghe celebrazioni sono previste a Mersin, Adana, Samsun e Iskenderun. Proprio a Iskenderun sono giunti tre frati conventuali, uno sloveno, un polacco ed un rumeno, per riaprire la chiesa. Nei giorni scorsi abbiamo fatto un ritiro per prepararci spiritualmente al Natale. La nostra preghiera comune conclude padre Bertogli è che presto arrivi un nuovo vescovo, un nuovo pastore per condurre il piccolo gregge dell’Anatolia. Sarà un Natale molto particolare anche per le suore Figlie della Chiesa a Tarso dove accolgono i pellegrini che giungono alla chiesa-museo di san Paolo, che mons. Padovese aveva più volte chiesto fosse adibito a luogo di culto permanente. A Tarso non avremo celebrazioni natalizie spiegano al SIR festeggeremo a Mersin nella parrocchia dove abitualmente operiamo. Tutte le messe saranno celebrate e i bambini metteranno in scena un presepe vivente. Sarà un Natale nel ricordo di mons. Padovese. Dopo la sua morte ci circonda il silenzio. Sentiamo il bisogno di sostegno e di assistenza spirituale per continuare a dare la nostra testimonianza qui. Attendiamo il ritorno dei pellegrini, la loro presenza è per noi un bicchiere di acqua fresca. Ci danno la possibilità di testimoniare di essere una presenza che ama, rispetta e che opera per il bene e di dimostrare che si può convivere in un Paese musulmano nella fraternità e nel rispetto.Sir