(Tunisi) – Il nostro primo desiderio è di vedere il Paese finalmente in una situazione di democrazia. Poiché fare una rivoluzione è una cosa, riuscire nella transizione democratica è un’altra. Lo scrive l’arcivescovo di Tunisi mons. Maroun Lahham, in una lettera pastorale diffusa in questi giorni nella sua comunità di 22.000 cattolici (tutti stranieri) che porta la data del 24 luglio 2011. Ho scritto quella data – precisa al SIR – per mandare un messaggio simbolico: è il giorno in cui si sarebbero dovute tenere le prime elezioni democratiche, poi rinviate al 23 ottobre. siamo quindi in una situazione di attesa della nuova Tunisia. Nella lettera di 20 pagine intitolata Ecco, io faccio nuove tutte le cose (Apoc. 21.5), l’arcivescovo ripercorre il recente periodo della rivoluzione dei gelsomini sancita dalla caduta del regime di Ben Ali il 14 gennaio scorso, cercando di individuare le nuove sfide per la Chiesa cattolica in Tunisia e per il Paese stesso. Le grandi tappe della transizione democratica – osserva – devono ancora arrivare: l’elezione della Costituente il 23 ottobre, la stesura della nuova Costituzione (un anno?), il referendum (?) sulla nuova costituzione, le elezioni legislative e presidenziali almeno un minimo di due anni. Non importa. due anni non sono nulla nella storia di una nazione, soprattutto quando si tratta di un cambiamento così radicale che desidera la Tunisia e che desideriamo anche noi. Questo stato di attesa – aggiunge – ci permette di pensare in tutta libertà, di sperare, auspicare, addirittura sognare, ma sempre in uno spirito positivo ed ottimista, nonostante le difficoltà, le incertezze e le sorprese che conoscerà il Paese, noi compresi, durante questi lunghi mesi di transizione. Tra i vari auspici espressi da mons. Lahham, che i tunisini sappiano resistere alla tentazione del dominio, del denaro, del possesso e del guadagno personale. Inoltre, precisa, noi siamo certamente per la separazione della Moschea e dello Stato’, ma affermiamo ad alta voce che una società democratica sana deve avere come base dei valori con una radice religiosa (libertà, rispetto, pace, uguaglianza, opzione preferenziale per i poveri, solidarietà. La Tunisia, in questo senso, può ispirarsi alle radici cristiane dell’Europa richiamate spesso dai Papi. Perciò auspica che la nuova Tunisia possa trovare una felice soluzione per ciascuna delle aspirazioni spirituali e religiose dei suoi cittadini e ospiti (i cristiani sono complessivamente 30.000); che la nuova Tunisia viva al tempo stesso la transizione democratica e l’appartenenza al mondo arabo musulmano; che trovi il modo per conciliare la fedeltà al Dio unico alle sfide della modernità; che possa affrontare gli eventuali pericoli, le derive e le pressioni interne ed esterne. Dalla rivoluzione tunisina conclude mons. Lahham – impariamo che i piccoli sono all’origine del rinnovamento, proprio quelli che erano considerati senza saggezza’, senza ideologia’ ma che hanno una grande sete di conoscere, di aprirsi e un grande desiderio di spiritualità personale. È sicuramente una prima volta nel mondo arabo musulmano.Sir