Cultura & Società
Trassilico apre le porte al bel canto
Cielo e terra si toccano la sera di sabato 1° agosto a Trassilico, nella rocca degli estensi, dove l’associazione paesana ha organizzato un concerto.
Protagonista del rendez vous, il maestro lucchese Graziano Polidori, 64 anni, uno tra i cantanti lirici più conosciuti in Italia: ha cantato da basso nei più importanti teatri d’Europa – la «Scala» a Milano, il «Regio» a Torino, l’«Opera» a Roma, i teatri di Vienna, Salisburgo, Parigi, Ginevra – diretto da maestri del calibro di Muti, Abbado, Oren, Metha, Campanella.
Graziano Polidori porterà nell’antico borgo alcune tra le sue migliori allieve dell’Istituto superiore di studi musicali «Pietro Mascagni» a Livorno.
Così, in una notte di luna piena, nella rocca, sarà possibile ascoltare una dozzina di brani, tra romanze, operette, arie liriche e pezzi classici: l’Havvi Dio che in sua clemenza dall’opera Maria di Rohan di Gaetano Donizzetti, Sogno e l’ultimo bacio di Francesco Paolo Tosti, Till di Danvers, Il bacio di Luigi Arditi, Musica proibita di Stanislao Gastaldon, Non ti scordar di me di Ernesto De Curtis, Tace il labbro e Vilia da La vedova allegra di Franz Lehar, e poi l’Ave Maria di Schubert, Il santo nome di Dio e la Vergine degli Angeli dalla Forza del destino di Giuseppe Verdi e, in conclusione, l’inno O sole mio di Edoardo Di Capua. Pezzi interpretati dalle soprano Ilaria Casai, Francesca Maionchi e Sara Massai, accompagnate al pianoforte da Ilaria Brunini, in alcuni casi in tandem con lo stesso Polidori, direttore artistico dell’evento.
Insieme al bel canto, i partecipanti all’incontro potranno ammirare un panorama unico, tra le mura dell’antica rocca, il Monte Forato e la Pania della Croce a sud ovest e le curve dell’Appennino tosco-emiliano da Prato fiorito all’Alpe di Tea a nord est.
Volti e panorama saranno immortalati dal pittore pisano Giovanni Giuliani.
Partner dell’evento: il comune di Gallicano e Toscana Oggi, da sempre attento ai piccoli abitati della nostra regione. Trassilico è, certo, uno di questi: posto a 720 metri di altitudine, esisteva già in epoca romana, intorno al 180 avanti Cristo. Passato spontaneamente agli Estensi nel Quattrocento, divenne sede di una importante vicaria. Dalla rocca – dove risiedevano il podestà, i sindaci e il cancelliere notaro e si trovava un carcere piccolo e stretto (detto «il lupo», perché chi vi entrava non poteva più uscirne) – i trassilichini controllavano tutta la vallata.
In questo lembo di terra sono nati personaggi famosi: nel 1626 – come è emerso da un testamento rinvenuto pochi anni fa – venne alla luce Giovanni Pierelli, abate, segretario di Raimondo Montecuccoli, ambasciatore del duca di Modena a Vienna, accademico della Crusca. Qui, nel 1661 nacque – in quella che ancora oggi è chiamata la casa del capitano (conserva ancora sulla facciata una meridiana) – anche Antonio Vallisneri, medico naturalista, geologo e idrologo, titolare della cattedra di Medicina pratica e teorica all’ateneo di Padova. E sempre qui, nel 1784, nacque Leopoldo Nobili, fisico, inventore del galvanometro astatico e termomoltiplicatore.
L’orgoglio dei trassilichini ben si sintetizza nel motto «Roma capo mondo, Trassilico secondo», tramandato di generazione in generazione.
Fino al 1947 Trassilico era sede di municipio comunale e contava 1722 abitanti.
Oggi i trassilichini residenti sono appena 78, quasi tutti anziani. A questi si sommano nel week-end e in estate molti paesani d’adozione: lucchesi, pisani, fiorentini, inglesi, tedeschi, austriaci, statunitensi che qui hanno la loro seconda casa.
La scuola e l’ufficio postale non ci sono più, il teatro è inutilizzato. Il parroco, don Fiorenzo Toti, risiede a Gallicano.
Alla domenica pomeriggio don Fiorenzo celebra l’Eucaristia nella chiesa di San Rocco: vi partecipa il paese (quasi) al completo. Per la verità la chiesa parrocchiale vera e propria è dedicata ai santi Pietro e Paolo. Ce la fa vedere, eccezionalmente, il sagrestano Eugenio Rebechi: è uno scrigno di tesori d’arte, il più importante una pala raffigurante la Madonna col Bambino in trono fra i santi Pietro e Paolo, datata 1568, opera di Simone Carretta.
Il problema è che per raggiungere quella chiesa occorre scendere 97 scalini («trecento passi in luogo basso» come emerge da un resoconto della visita pastorale di un delegato dell’arcivescovo di Lucca del 1683), troppi per gli utenti abituali della mensa eucaristica.
Gli unici locali pubblici rimasti: un rifugio e una macelleria, aperta al mattino e… su prenotazione.
Molti dei trassilichini doc o d’adozione, li trovi seduti sul muretto in via Vallisneri: è il corso principale del paese – il corrispondente, tanto per intenderci di Corso Italia a Pisa, di via Fillungo a Lucca o di via Tornabuoni a Firenze – largo… 2 metri e 40 centimetri.
Tra i tanti seduti a veglia, anche Stefano Franchi, presidente dell’associazione paesana che insieme a sua moglie Ermenilda ben volentieri ci fa da cicerone attraverso Trassilico, tra mura, edicole, ville che raccontano la storia di una comunità. Come la fontana che ti accoglie all’ingresso del paese: risale al 1618 e in passato era uno dei due lavatoi dove si ritrovavano le donne. A lavare, sì, ma anche a cicalecciare se è vero che nel lavatoio si trova inciso l’ammonimento scritto in lingua spagnoleggiante: «Non c’è fuoco che bruci tanto come la lingua che parla tanto e male».
Passeggiando lungo via Vallisneri, trovi la piccola statua di Sant’Anna, incastonata dentro una volta: a lei – secondo tradizione – si sarebbe rivolta una donna che pensava di essere sterile. Secondo tradizione popolare il figlio arrivò alla bellezza di 54 anni e a quell’edicola ancora oggi si rivolgono diverse coppie in cerca di maternità e paternità.
E poi la casa delle nuvole – così chiamata perché, talvolta, pare sorretta proprio da nubi – abitata da Paul Whilsire un dirigente d’azienda inglese piombato per caso in questo lembo di terra e da subito innamoratosi di Trassilico.
Ha il sapore del museo la casa del boscaiolo, realizzata dai fratelli Mancini.
Ma l’orgoglio dei trassilichini risiede soprattutto nella rocca degli estensi. Una struttura che mai ha goduto di particolari attenzioni pubbliche: già Lodovico Ariosto, commissario in Garfagnana, aveva segnalato al duca di Ferrara le pessime condizioni della rocca: «Ecce anco la rocca di Trassilico – scriveva l’Ariosto nel 1524 – che è ridotta a tal ruina… (che forse) il volere ripararla sarebbe ormai tardi…».
Ariosto non fu buon profeta: la rocca fu restaurata su disegno dell’architetto Pasio Pasi. Nel tempo, oltre che dalle truppe nemiche, si è dovuta difendere anche da venti e fulmini.
Adesso tutti, qui a Trassilico, vorrebbero recuperare quel pezzo di storia. Anche grazie ad iniziative come il concerto di questo sabato. In un paese che non si rassegna all’idea di divenire fantasma, una iniziativa da sostenere.