Cultura & Società
Tradizioni, San Paolo e i serpenti velenosi
di Carlo Lapucci
L’Apostolo delle Genti fu colui che pose i fondamenti istituzionali della Chiesa ed è appunto festeggiato con S. Pietro, che ne fu il primo papa, il 29 giugno, giorno che ricorda il martirio, mentre quello della conversione cade il 25 gennaio, data della caduta da cavallo.
La sua grandezza sul piano della dottrina e l’importanza fondamentale nell’istituzione del Cristianesimo e della Chiesa non ha un corrispettivo adeguato nel mondo della tradizione popolare, nella quale, a differenza di altre figure come San Pietro, San Giovanni Battista, compare solo per alcuni elementi, primo dei quali è la celebre caduta e folgorazione (Atti degli Apostoli IX, 1-9) sulla via di Damasco, per cui è patrono di coloro che usano una cavalcatura. La sua alta speculazione e la riflessione sulla dottrina del Cristianesimo, la sua potenza speculativa, sfugge al pensiero concreto delle persone semplici. A differenza di lui San Pietro, dotato di umanità talvolta ingenua, ha inciso più decisamente nella fantasia della gente, diventando in moltissime profacole l’intermediario dell’umanità nel colloquio con Cristo.
Il luogo della sua decapitazione a Roma sulla Via Ostiense, è detto Tre fontane, perché la testa cadendo dal ceppo fece tre rimbalzi: là dove toccò la terra scaturirono tre fontane, ancora oggetto di culto.
L’aspetto che ha inciso di più nella cultura popolare è dovuto al naufragio durante il primo viaggio a Roma come prigioniero. Riparando nell’Isola di Malta insieme all’equipaggio e alle guardie (Atti degli Apostoli XXVIII, 1-6), furono accolti da gente della costa che stava attorno a un fuoco. Mentre gettava legna sulle fiamme l’Apostolo venne assalito da una vipera che gli si attaccò al dito, questi la scosse dentro il fuoco restando completamente illeso dal suo veleno e dopo un soggiorno di tre mesi poté proseguire il viaggio.
Da qui derivarono numerose credenze che si sono moltiplicate raggiungendo una diffusione considerevole e una persistenza nel tempo altrettanto sorprendente. Tutte ruotano intorno alla figura mitica, simbolica e magica del serpente, ma forse si sovrappongono anche all’antico, locale e molto fiorente culto, già presente nell’isola, di Ercole, eroe e divino protettore pagano contro i serpenti: ne uccise due grandissimi mentre era ancora nella culla.
Di fronte a questa forza dell’istinto, sta anche la capacità di detenere in nuce tutte le fasi dello sviluppo successivo della vita degli esseri che si riveleranno nel tempo, restando lui nella sua primitività, ma non estraneo affatto a ogni manifestazione anche antitetica alla sua sostanziale modalità: è creatura lunare e solare, ctonia e luminosa, ha nel suo veleno la morte e la salute, incarna l’istinto e la ragione, è sacro a Tifone e ad Atena, a Dioniso e ad Apollo. Per questo spesso il modo di considerare il serpente da parte degli antichi disorienta per la facilità con la quale gli vengono attribuiti elementi, qualità, prerogative, funzioni contraddittorie.
In particolare le sue conoscenze sono abissali, assolute, avendo attinto e detenendo quel primo germe della vita che contiene tutto, quello che è nascosto e quello che si vede, il passato, il presente e il futuro. Non meraviglia quindi che accanto a coloro che hanno la sapienza, medici, saggi, profeti si trovi la figura del serpente, in particolare è presente in quasi tutti i luoghi sacri dove si trovano profeti, indovini, sibille, santuari dove si danno i responsi. In particolare Apollo è la divinità che tutela l’arte di conoscere, soprattutto il futuro ed è collegato con Cassandra, Crise, Pitone, Pizia, Delfi. Apollo, per insediare il suo santuario di vaticini a Delfi deve vincere il serpente Pitone, terribile mostro che col suo corpo per sette volte circondava l’altura di Delfi e impediva al dio l’accesso al santuario di cui era il nume.
Di Pitone non si conosceva quando e come fosse nato, tradizioni più tarde vogliono che nascesse da se stesso o dal fango della Terra essere primordiale, come del resto appare anche nella tradizione cristiana: Lucifero, identificato nel serpente, è il primo degli angeli creati prima del mondo, il primo peccatore e ribelle.
I sampaolari non solo sono immuni da qualunque morso o puntura di animali velenosi, ma li possono maneggiare senza che questi tentino di nuocere loro in qualche modo, entrando nel novero dei serpari, cacciatori di serpenti che sono sempre esistiti, anche per la fornitura dei veleni molto usati a scopo terapeutico e magico, e spesso ostentano ancora la loro immunità dai morsi dei serpenti velenosi, ottenuta forse con una opera di mitridatazione, ovvero lenta assuefazione al tossico.
Le leggende non si curano di difficoltà pratiche, tanto meno logiche, una delle quali non è da poco: come hanno fatto i maltesi nati nelle feste di Paolo, o discendenti dalla sua famiglia, a scoprire le loro prerogative se l’Isola di Malta era del tutto priva di serpenti velenosi avendola liberata San Paolo?
Il fatto è che la tradizione dei sampaolari si è sovrapposta col tempo ad altre numerose e più antiche, esistenti fino dai tempi preistorici e spesso collegate ai culti del serpente che nell’area mediterranea sono sempre stati diffusissimi, ma non mancano altrove come il serpente piumato in America.
Varrone e Plinio riferiscono l’esistenza di una popolazione africana, detta Psilli, che aveva la capacità di guarire qualunque morso velenoso, in particolare di serpente, con lo sputo, sopra la ferita oppure sul capo del rettile che aveva morsicato. Plinio (Storia Naturale VII, 14) riferisce: «Una simile popolazione esisteva in Africa, quella degli Psilli, chiamata così dal nome del re Psillo, la cui tomba si trova nella zona della Grande Sirte. Nel loro corpo era congenito un veleno mortale per i serpenti, che erano condizionati dal loro odore». Si diceva che chi nasceva da una famiglia degli Psilli aveva in sé questa capacità che non perdeva mai, ma svaniva nella prole allorché uno psillo si sposa con una persona che non era tale. Era facile vedere se uno fosse di sangue spurio, dal momento che qualunque serpente fuggiva in presenza di uno psillo.
Anche il popolo dei Marsi aveva una simile prerogativa. Il termine, oltre che «abitanti della Marsica» indica gl’incantatori di serpenti, i catturatori e anche coloro che annullano il veleno delle morsicature. Questo significato prende le mosse dall’antico popolo di stirpe sabellica stanziato nell’altipiano dell’Appennino centrale intorno al lago Fucino, tra i fiumi Aterno e Liri. Combatterono i Romani finché questi con il Bellum Marsicum non li soggiogarono definitivamente.
Valorosi in battaglia, godettero fama di grandi conoscitori delle erbe salutari, abbondanti nelle loro terre, e dei rimedi che ne ricavavano per la cura delle malattie e per le arti magiche.
Erano noti altresì per la loro arte di domare e incantare i serpenti. Plinio (Storia Naturale VII, 14) dice di loro: «In Italia si trova la popolazione dei Marsi. Si dice che essi discendano dal figlio di Circe e che perciò abbiano innata questa facoltà [d’incantare i serpenti]. Del resto tutti gli uomini possiedono un veleno che è un antidoto contro i serpenti. Sembra infatti che questi, toccati dalla saliva, fuggano come dall’acqua bollente».
Marso sarebbe appunto il mitico figlio di Ulisse e della maga Circe, eroe che sarebbe stato il capostipite dei Marsi. Si diceva anche che i Marsi fossero stati ammaestrati da Medea nelle arti magiche e nella scienza delle erbe. La zona della Marsica è ancora rinomata per la presenza di stregoni e guaritori, nonché d’incantatori.
I Cirauli sono una misteriosa istituzione siciliana di guaritori, maghi, indovini presente in gran parte del Meridione, conosciuta un tempo dovunque, che costituisce il modello di famiglie o corporazioni dei guaritori. L’origine è antica e Niccolò Serpetro da Raccuia del Messinese già nel 1653, diceva: «Vivono sino al dì d’oggi in Militello di Sicilia, terra posta nella valle di Noto, alcuni d’una famiglia detta de’ Cirauli, ne’ maschi e femmine della quale per molti secoli s’è andata trasfondendo una meravigliosa virtù di guarire, non solo col tatto, con lo sputo e con le parole, ma ancora con la immaginazione, tutti i morsi velenosi d’ogni sorte, e di far morire ogni spezie di velenati quanto si voglia lontani».
Pitrè, che ha studiato ritiene che la parola Ciraulo sia d’origine greca e s’intende «suonatore di tromba, trombettiere» e tale è colui che nasce nella notte del 29 giugno, o in quella dal 24 al 25 gennaio, le due feste di San Paolo.
Abbiamo dunque anche noi come gl’indiani l’incantatore del cobra nostrano, la vipera, che si serve del flauto e della musica.
Il luogo fu oggetto di particolare venerazione e divenne famoso per altri elementi sempre relativi ai serpenti.
Il principale di questi oggetti è la Terra di Malta che fa parte delle cosiddette terre sigillate. Queste sono preparati che stanno tra il culto delle reliquie, dei luoghi e la superstizione, la ciarlataneria, la medicina fantastica.
Vengono usati in modi diversi, ma in genere sono assunti per via orale. Le terre erano in pratica usate come talismani mascherati da reliquie, oppure come farmaci.
Si tratta di terre prelevate in posti particolari: luoghi di martirio (nella zona del Colosseo), tombe, soggiorni, grotte di santi, terre in vicinanza di santuari, oppure semplicemente terre alle quali era riconosciuta una qualità curativa.
Naturalmente la fiducia riposta in questi preparati dava largo spazio allo smercio e alle truffe dei ciarlatani che non avevano scrupolo nel raccogliere le terre in giardino o in un campo e spacciarle come originali. (Montinaro B., San Paolo dei serpenti Analisi di una tradizione, Sellerio, Palermo 1996).
Prelevata, elaborata con aggiunte diverse, la terra era lavorata in palline, dischetti, o in forme varie: addirittura statuine devote, oggetti in miniatura.
La caratteristica particolare era il sigillo che veniva impresso nell’impasto fresco che manteneva l’impronta una volta essiccato: poteva essere un’immagine sacra come negli Agnusdei, quella di un santo, ovvero una semplice croce o un simbolo relativo al luogo d’origine. Si chiama anche Pasta di reliquie.
Insieme alla terra si trovano presso la grotta denti, ossa di animali fossilizzati che l’immaginazione popolare ha identificato nel modi più fantasiosi come se fossero gli occhi, le lingue, i denti dei serpenti impietriti dalla parola dell’Apostolo.
Sono dette comunemente pietre di San Paolo, ma anche lingue di San Paolo, grazie di San Paolo, occhi di serpe, lingue di vipera. Anche qui l’uomo piuttosto che vedere la luce di San Paolo preferisce guardare le sue ombre.