Italia
Tra gli adolescenti avanza il rischio delle abbuffate alcoliche
I giovani bevono, si ubriacano senza controllo e ignorano le regole più elementari di igiene e di salute alimentare. Il quadro, che rispecchia le preoccupazione di genitori e insegnanti, sembrerebbe confermato da una recente indagine condotta nel Lazio dalla Fondazione italiana ricerca in epatologia (Fire) con il sostegno della Fondazione Roma. Un questionario sull’impatto dell’alcol negli adolescenti è stato somministrato a 2.700 ragazzi iscritti ai licei di Roma, Frosinone e Latina di età compresa tra i 14 ed i 19 anni e i risultati confermano i peggiori incubi di adulti ed educatori. I dati di questa indagine laziale però sono parzialmente smentiti da un’altra indagine di ben altre proporzioni e i cui risultati sono stati resi noti all’inizio di luglio. Si tratta di uno studio dell’Osservatorio permanente giovani e alcool (Opga), realizzato dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr).
Elementi «tranquillizzanti». Lo studio dell’Opga, come dicono i ricercatori, ha preso in esame «le evidenze emerse dall’analisi, allargata agli ultimi 15 anni, delle principali sorveglianze epidemiologiche a carattere nazionale sul consumo di alcol nella fascia di età 15-34 anni». I dati che ne sono emersi sembrano più «tranquillizzanti» e quindi in controtendenza rispetto alla vulgata giornalistica sugli adolescenti. I ricercatori infatti hanno registrato una riduzione dei consumi di bevande alcoliche. «Per ESPAD®Italia, ad esempio, il consumo ‘recente’ (nell’ultimo anno dall’intervista) di alcool tra gli studenti 15-19enni, pur molto diffuso, mostra una trend decrescente tra i minorenni. Dal 2002, la riduzione annua è dello 0,7% per i maschi e dal 2004 è dell’1,3% per le femmine. Mentre Multiscopo-Istat registra, dal 2005, tra gli under18 una diminuzione del 4% annuo per le femmine e del 3% annuo per i maschi», si legge nelle note ufficiali della ricerca.
Stile «ad alto rischio». Tutt’altra musica, invece, per la ricerca condotta nel Lazio dalla Fondazione italiana ricerca in epatologia. «I dati emersi dallo studio danno un quadro ben preciso della situazione dei nostri adolescenti: lo stile di vita è ad alto rischio, cattiva alimentazione da una parte e tendenza a bere troppo e in maniera concentrata. Si sta verificando un drammatico incremento del ‘binge drinking’, vere e proprie ‘abbuffate alcolichè in un intervallo di tempo minimo, spesso un’unica serata, con lo scopo di ottenere un’ubriacatura immediata nonché la perdita di controllo. È vero che sono ancora giovani, ma inculcare oggi nei nostri adolescenti un corretto stile di vita, è la sicurezza che domani non sia un calvario verso una vita di sofferenza e malattia», ha spiegato Antonio Gasbarrini, professore di gastroenterologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Percezione di sé. C’è quindi una vistosa differenza di valutazione fra le due indagini. Nel caso dell’indagine dell’Opga, i dati sono stati tratti in un contesto cronologico molto vasto (quindici anni) e sulla base dei dati relativi alle «evidenze delle principali sorveglianze epidemiologiche a carattere nazionale». Un quadro di riferimento e un campo di indagine che sembrerebbero apparentemente più obiettivi, quindi. La ricerca nel Lazio invece è stata condotta con un metodo di indagine completamente diverso e cioè con un questionario «somministrato» direttamente agli adolescenti. Il dato che ne emerge, di conseguenza, è quello relativo alla «percezione di sé» che hanno i ragazzi stessi. Si tratta di un’informazione interessante. Educatori e genitori dovrebbero riflettere attentamente: gli adolescenti, nonostante le statistiche nazionali li assolvano parzialmente, si sentono comunque «colpevoli» di comportamenti eccessivi. C’è poi da aggiungere che mostrano di ignorare alcune regole fondamentali di una corretta alimentazione. Siamo sicuri che la responsabilità sia solo dei ragazzi? Dalle contraddizioni che emergono da questo tipo di ricerche sui comportamenti degli adolescenti, rimane alla fine una solo certezza: scuola e famiglia dovrebbero fare di più per educare i ragazzi sui rischi che corrono.