Opinioni & Commenti

Tra egoismi privati e malefatte pubbliche

di Piero TaniTra le tante sigle da cui siamo invasi, sta diventando popolare NIMB, acronimo dell’inglese «Not In My Backyard» (alla lettera «non nel mio cortile»), che indica il rifiuto a che un’opera pubblica ritenuta pericolosa – o ingombrante o maleodorante o semplicemente antiestetica – venga installata nei pressi di casa mia, dovendosi intendere, a seconda dei casi, letteralmente sotto casa (linee tranviarie) o nel mio comune (discariche, inceneritori, rigassificatori) o nella mia regione (TAV) o nel mio Paese (centrali nucleari, installazioni militari). All’uso di questa espressione si accompagna l’idea che il rifiuto nasca dal non voler accettare un qualche disagio a favore della collettività, un atteggiamento egoistico su cui è fin troppo facile esprimere un giudizio morale negativo. D’altra parte, quasi sempre le obiezioni non sono motivate solo dal disagio che ne avrebbero i cittadini dell’area coinvolta, ma riguardano l’opera in sé: si contesta che davvero sia utile, o che valga la spesa che richiede, o che la localizzazione prescelta sia quella socialmente preferibile. Una proposta degli economisti è quella di scegliere la soluzione più efficiente (quella tecnicamente migliore, quella meno costosa, quella più favorevole alla collettività nel suo complesso) e di offrire ai soggetti penalizzati una qualche forma di compensazione (ad esempio: prezzo ridotto per il bene o servizio prodotto con l’impianto, servizi accessori gratuiti, sgravi fiscali; e così via).Questa procedura si è dimostrata vincente in alcuni casi, ma ancora così poco frequenti da far notizia. Infatti, non solo è difficile individuare una soluzione che possa senza ambiguità essere presentata come socialmente ottimale, ma gli interessati possono rifiutare di considerare congruo il compenso, specialmente quando sono convinti, a torto o a ragione, che sia messa a rischio la salute.

Il caso più favorevole si ha quando si possa contare – in sostituzione o in aggiunta al compenso di natura economica – sulla soddisfazione di aver contribuito a risolvere un problema collettivo: una situazione che sembra, purtroppo, sempre più rara.

I politici e gli amministratori ci mettono spesso del loro per rendere questi problemi più complessi e difficili da risolvere: scarsa informazione sui progetti e sui loro costi; mancato ascolto preventivo delle popolazioni interessate; progetti incerti, che mutano strada facendo; scarsa utilizzazione dei meccanismi di compensazione; difficoltà a riconoscere la voglia di partecipazione democratica che si manifesta in certe proteste. Per non dire di quando le decisioni sono prese per garantire interessi particolari. L’effetto più grave è di generare sfiducia nei confronti delle sedi istituzionali delegate a prendere le decisioni. Infatti, quali che siano gli strumenti per acquisire il consenso, il problema sembra poter trovare soluzione solo attraverso una generalizzata accettazione della autorità e della competenza di quelli che sono preposti a realizzare gli interessi generali della comunità.