Toscana

Tossicodipendenti, dal carcere alla comunità

di Rebecca RomoliUn tema che catalizza l’attenzione di tutti i mezzi di comunicazione di massa e che ricopre assoluta preminenza nel dibattito nazionale: è il disegno di legge di revisione della normativa sulle sostanze stupefacenti. I motivi di questa centralità sono molteplici e producono senza dubbio pareri non solo diversi ma anche contrastanti. Per questo motivo e soprattutto per avere un momento di confronto tra tutti i soggetti impegnati nella lotta contro la droga e nel recupero dei tossicodipendenti, questa settimana nella Sala del Gonfalone del Consiglio regionale della Toscana si è svolto il convegno «Luci sul carcere», organizzato dallo stesso Consiglio regionale, in collaborazione con la comunità montana del Mugello, il comune di Marradi e la Comunità Sasso–Montegianni di don Nilo Nannini. Slogan dell’incontro «Se non possiamo depenalizzare la droga, dobbiamo almeno decarcerare la tossicodipenza».

Molto interessante, tra tutte le testimonianze, il racconto di don Nilo e di come la sua comunità abbia affrontato il difficile rapporto di carcere/droga, attraverso un itinerario maturato nella gestione dei percorsi alternativi al carcere e soprattutto nelle attività di recupero e reinserimento dei tossicodipendenti. La comunità di don Nilo ha la sede principale a Popolano di Marradi presso il podere il «Sasso» attorno alla quale viene coordinata l’intera azione di recupero delle persone che hanno la dipendenza da droghe vecchie o nuove. Tutte le attività vengono svolte in abitazioni, fabbricati e laboratori artigianali sparsi nei comuni di Marradi, Borgo San Lorenzo, Faenza e Bagnocavallo. L’esperienza e l’attività di don Nilo è iniziata il 4 ottobre 1980, e in tutti questi anni oltre 600 ragazzi sono stati accolti e aiutati ad uscire dalla tossicodipendenza.

Questo grazie ad una sempre più efficiente e puntale collaborazione che la Comunità ha avuto con i Sert ed il Tribunale di sorveglianza. Un modo di vivere ispirato ai valori cristiani ed ai principi fondamentali della vita comunitaria, dove il lavoro ricopre una parte integrante del programma di recupero di tutti gli ospiti. Inoltre le attività di tutte le sedi sono seguite da operatori qualificati, alcuni dei quali sono ragazzi che hanno seguito il percorso di recupero e poi hanno deciso di restare per offrire a chi veniva dopo di loro una testimonianza preziosa. Questo ha permesso che all’interno della comunità si creasse un nucleo operativo prezioso sia allo svolgimento delle attività che alla stessa presenza degli ospiti.

Un approccio che vuole cercare di capire i motivi più profondi della tossicodipendenza e che non vuole penalizzare o peggio criminalizzare tutti coloro che hanno commesso questo terribile sbaglio. «La sofferenza della tossicodipendenza veniva male interpretata – commenta don Nilo Nannini fondatore della Comunità Sasso-Montegianni di Marradi – ed il carcere non è una terra di tossicodipendenti. Bisogna pensare che solo in Italia ci sono 10 milioni di persone che soffrono di male di vivere, di una profonda angoscia ed ansia che poi si trasforma in disagio. La droga è in un certo senso la prima risposta a questa grande sofferenza. È per questo che nei carceri siamo ai limiti di questo patire.

Il messaggio che arriva è repressivo, mentre in queste situazioni serve tenerezza, anche un po’ anima, per arrivare al vero recupero del tossicomane». Oggi nella comunità sono ospiti 88 persone, di cui 86 tossicodipendenti, un alcolista ed un autistico. Di tutti gli ospiti ben 25 sono in affidamento sociale, 4 agli arresti domiciliari. Inoltre sono accompagnati nel reinserimento socio–lavorativo 26 ragazzi di cui 8 in affidamento sociale.

La schedaSono 40 i Sert che operano in Toscana distribuiti su 12 aziende sanitarie locali, in cui lavorano 532 persone circa. Inoltre i servizi pubblici gestiscono 13 comunità terapeutiche di cui 9 sono residenziali e 4 sono diurne, per un totale di 172 posti letto. Per quanto riguarda, invece il panorama degli enti ausiliari, nella nostra regione ci sono 19 istituti con 1368 posti letto, che sommate a quelli precedenti si arriva ad un totale di circa 1490 posti letto. Tutti questi dati rappresentano quello che in Toscana si sta facendo per combattere la droga da una parte e recuperare le persone e reinserile nella società dall’altra. Un compito non facile ma che vede impegnati unitariamente, non senza difficoltà, le istituzioni pubbliche, il volontariato pubblico e privato nonché quello cattolico e laico.

Nel 2003 la Regione Toscana ha stanziato 6 miliardi e 500 milioni delle vecchie lire, pari a euro 3.359.000 circa per la lotta alla tossicodipendenza. Prevenzione del disagio, potenziare l’attività dei Sert, intensificare la collaborazione tra enti pubblici e privati nonché tra Asl e comuni, questi sono gli obiettivi principali dell’intervento regionale. Un intervento che risale al 1998 quando la Regione Toscana firmò un protocollo d’intesa con il Coordinamento degli enti ausiliari. Accordo che da allora si è trasformato in interventi concreti e mirati sul territorio, vedi per esempio la campagna di prevenzione droga nelle discoteche.

Ad oggi la Toscana è il capofila di due progetti nazionali. Uno volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’abuso dell’alcool nei luoghi di lavoro e l’altro è una sperimentazione delle problematiche sanitarie in ambito carcerario. I primi passi sono stati fatti, ma la strada da fare è ancora molta, specialmente se si prendono in considerazione i dati del rapporto del Ministero dell’Interno, presentato a febbraio 2004, su i tossicodipendenti in trattamento presso le strutture socio sanitarie dal 31 marzo al 30 giungo 2003 e i decessi avvenuti per droga nei primi 6 mesi dell’anno scorso.

Da questo rapporto viene fuori come nelle 104 strutture socio riabilitative della Toscana, divise in residenziali, semiresidenziali e ambulatoriali, siano in trattamento 1393 persone (1119 maschi e 274 donne). Pistoia è la città che ha il maggior numero di tossicodipendenti in trattamento nelle strutture ben 293, seguita a breve distanza da Lucca con 247, Arezzo con 207 e Firenze con 201. Il capoluogo che ha meno casi è Prato con 35, seguito da Pisa con 43 e Grosseto con 50. I dati che emergono da questa relazione ci dicono anche che rispetto al primo semestre del 2002, nello stesso periodo nel 2003 in Toscana ci sono stati 10 decessi in meno (da 19 del 2002 a 9 del 2003). Meglio della nostra regione solo il Lazio con 31 casi in meno.

Un’intesa per il lavorodei detenutiIl recupero e il reinserimento sociale dei detenuti attraverso il lavoro, dentro e fuori dal carcere. Questo l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato dal provveditorato dell’amministrazione penitenziaria toscana e dalle associazioni Agci-Solidarietà, Arcst-Legacoop, Federsolidarietà-Confcooperative. A questo accordo la Regione Toscana dà il suo sostegno e assicura la sua collaborazione, nel quadro di un’azione comune fra tutti i soggetti interessati. L’accordo permette di coordinare al meglio gli sforzi per promuovere, ampliare e razionalizzare i processi di inserimento sociale e lavorativo dei detenuti nelle carceri toscane. Un impegno che vede già numerose iniziative in corso di svolgimento in Toscana. Iniziative alle quali, grazie a questa intesa, sarà possibile dare maggiore organicità e continuità. Sia la Regione che l’amministrazione penitenziaria hanno espresso soddisfazione per l’intesa raggiunta.

L’amministrazione carceraria, da parte sua, si è impegnata a effettuare un monitoraggio delle realtà delle carceri toscane per capire come e dove sia possibile organizzare le attività lavorative dei detenuti previste dall’intesa. La Toscana è una delle regioni italiane a maggiore concentrazione di istituti penitenziari, con 12 case circondariali, 5 case di reclusione, 1 ospedale psichiatrico giudiziario, 2 case mandamentali.

Elevata anche la concentrazione di detenuti con una presenza rilevata dalla Fondazione Michelucci, al giugno 2003, di oltre 4000 detenuti, di cui 3.843 uomini e 185 donne, a fronte di una capienza prevista di 2.900 posti. Forte anche la presenza di immigrati: al giugno 2003 gli stranieri nelle carceri toscane erano il 39 per cento del totale, contro il 29,7 per cento rilevato alla fine del 1997.