Toscana

Toscani nel mirino delle Br

Centinaia di nomi, da quelli di Carlo Azeglio Ciampi e Silvio Berlusconi fino a politici, diplomatici e sindacalisti: tutti nell’archivio contenuto nei file di computer delle nuove Br che avevano censito i personaggi di spicco dell’intero Paese. Ma su alcuni di essi i brigatisti erano andati oltre, con attività di osservazione o, di più, attivando quelle che nel gergo brigatista si chiamano “inchieste”. Secondo il dipartimento di pubblica sicurezza una vera e propria attività di inchiesta era stata svolta in Toscana sui sindacalisti Mario Catalini della Uil e Giovanni Salvadori della Cisl e sul professor Tommaso Padoa Schioppa, a lungo in Banca d’Italia ed ora membro del comitato esecutivo della Bce.

Servizi di osservazione erano stati invece svolti dai brigatisti nei confronti di Giovani Pachini, direttore dell’Ebret, di Giancarlo Picchi, sindacalista e membro del cda dello stesso ente, e dei parlamentari Stefano Passigli ed Enrico Letta. Quest’ ultimo fu «osservato» l’otto settembre del 2002, due mesi dopo l’attentato a Marco Biagi, quando due staffette pisane delle Br cominciano l’«aggancio» all’ex ministro, ad una festa dell’Unità, con pedinamenti e appostamenti, così come avevano fatto anche con Massimo D’Antona. Il nome dell’ex ministro del governo Amato compare in un file dell’archivio Banelli-Morandi. Non una semplice catalogazione, come pure avevano fatto le nuove Br, rubricando nel file denominato «Arc.» una sorta di elenco telefonico, e in ordine alfabetico, nomi della politica e del mondo imprenditoriale, politico diplomatico e sindacale, tra cui quelli di Ciampi e Berlusconi, del ministro Urbani e dell’ex ministro Visco, del segretario generale della Farnesina Umberto Vattani e dell’ambasciatore Silvio Faggiolo, del segretario generale Cisl Savino Pezzotta.

Nel file denominato «Inc 8902 E.L.» si dà conto di una attività di aggancio dell’ex ministro Letta al momento del suo arrivo alla festa dell’Unità a bordo di una Mercedes Classe A in compagnia di Lucio Caracciolo, che con Letta e Bersani partecipava quella sera dell’otto settembre ad un dibattito pubblico. Un’altra «staffetta» aspetta in una via del centro di Pisa, quella in cui Letta aveva abitato fino ad una decina di anni prima, ma l’aggancio spiega nel file, qui non è avvenuto poiché «E.L. dalle 19.40 alle 21.20 non è transitato a bordo di nessun auto per via… non è stata vista nessuna Mercedes classe A posteggiata nella zona». Insomma non solo un nome archiviato come le centinaia, da Visco ad Urbani, da Maccanico a Annibaldi, per finire con Berlusconi e Ciampi, annotati maniacalmemte e corredati di notizie per lo più pubbliche.

Nel file «E.L.» c’è l’inizio, o il proseguimento, di una attività che somiglia molto agli agganci fatti in via Salaria per D’Antona e a Modena e Bologna per Marco Biagi. Una circostanza che ha fatto dire all’avvocato Valter Biscotti, legale della famiglia del sovrintendente Petri ucciso da Mario Galesi sul treno Roma-Firenze, che «il sacrificio dell’agente ha evitato probabilmente altri morti». Sottoposti ad attività di indagine analoga a quella compiuta su Letta sono stati stando ai file dell’archivio Banelli, esponenti del mondo sindacale toscano come Claudio Salvadori, segretario della Cisl regionale e Mario Catalini, responsabile di una associazione che raggruppa datori di lavoro del mondo dell’artigianato.

Un altro nome eccellente annotato da brigatisti in un file «operativo» e quindi resoconto di attività di aggancio è quello del senatore Stefano Passigli. Ed è su questo aspetto che i magistrati del pool antiterrorismo della procura di Roma, anche nella loro requisitoria durante l’udienza contro i 17 Br che si è svolta a Rebbibia – i pm Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio – hanno puntato la loro attenzione: le possibilità da parte delle Br di colpire anche dopo l’omicidio Biagi. «Certamente l’attività di questo gruppo – ha spiegato oggi il pm Saviotti – era proiettato al futuro. Là nel covo di via Montecuccoli erano stati trovati archivi con dei nomi». Intanto un appello alla pentita Cinzia Banelli, che con la sua collaborazione ha consentito di decrittare l’archivio informatico delle Br, è venuto proprio da Enrico Letta che ha ricevuto la solidarietà bipartisan da tutto il mondo politico. «Dica tutto quello che sa» ha detto Letta forse riferendosi ai nomi, fatti dalla stessa Banelli, che restano solo una sigla o un nome di battaglia. Come quello di «Carlo» un esponente di primo piano delle nuove Br la cui identità è ancora avvolta dal mistero. Come restano ancora sullo sfondo i rapporti tra vecchi e nuovi brigatisti e il passaggio delle carte del sequestro Moro che sarebbe avvenuto tra Galesi ed un ex irriducibile. (ANSA).