Toscana
Toscana Oggi ad Auschwitz sul Treno della Memoria
27 GENNAIO
Il Treno? «Un modo concreto per educare i ragazzi»
L’ottavo Treno della memoria è partito puntualissimo da Firenze domenica 27 gennaio alle 12 e 45 verso la sua meta polacca, col suo carico di giovani desiderosi di conoscere, di testimoniare, di confrontarsi con una tragica pagina della storia, quella dello sterminio, dell’Olocausto. 557 gli studenti, 83 gli insegnanti provenienti da tutta la Toscana. «Il cammino del treno della memoria deve continuare. Lo dobbiamo a tutte le persone morte nei campi di concentramento». Così il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi ha salutato, dalla stazione fiorentina di S. Maria Novella, la partenza del viaggio. «Il Treno della Memoria – ha aggiunto Ugo Caffaz, coordinatore del viaggio – non è un rito ma un modo concreto per educare i ragazzi e magari anche i genitori». Con loro Lorenzo Canali, inviato di Toscana Oggi, Tsd e Tv Prato.
28 GENNAIO
Il presidente Rossi: «L’odio e il razzismo sono ancora in agguato»
Il treno è arrivato a Birkenau, fabbrica dell’orrore. Non solo memoria. Non solo passato. Il razzismo e la discriminazione sono piaghe che oggi più che mai affliggono la nostra società, senza dover guardare troppo lontano. «L’odio e il razzismo sono ancora in agguato. Quanto accaduto un anno fa a Firenze, con l’uccisione di due ragazzi senegalesi è la dimostrazione. Occorre mantenere alta la guardia» aveva dichiarato il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi alla partenza del Treno della Memoria dalla stazione di Firenze. E lo conferma in questa intervista video.
Le sorelle Bucci: «Ogni volta che varchiamo quel cancello riviviamo quei momenti»
Le sorelle Andra e Tatiana Bucci, deportate ad Auschwitz-Birkenau quando erano ancora bambine e salvate dalla camera a gas perché scambiate per gemelle da sottoporre agli sperimenti nazisti, appena arrivate nel campo di sterminio ricordano in questo nostro video la loro terribile esperienza: «Ogni volta che varchiamo quel cancello riviviamo quei momenti».
Il ricordo degli italiani morti a Birkenau
Un’interminabile litania di nomi apre la cerimonia al monumento internazionale del campo di Birkenau, dove un tempo c’erano i quattro forni crematori e le camere a gas capaci di inghiottire duemila persone per volta. Sono i nomi dei toscani deportati ed uccisi. Ogni ragazzo li sussurra sotto la neve che cade dal cielo e non si ferma un attimo, un nome e una storia custodita fin dalla partenza, ed una fiaccola accesa in mano per non dimenticare. Così alla fine, con più di cinquecentociquanta nomi, sono gran parte dei quasi settecento ebrei toscani identificati e inghiottiti dai lager. Anche le sorelle Bucci ne hanno due: uno è il cuginetto Sergio De Simone, entrato nel lager a quattro anni e mai uscito. La cerimonia toscana inizia attorno alle una, aperta dal corteo con gli striscioni contro il razzismo e il negazionismo portati dai ragazzi, con le chiarine di Firenze e i gonfaloni della Regione, dell’Associazione deportati. Due corone vengono deposte a terra. Alla fine le tre preghiere – quelle in lingua rom, quella cattolica e quella cantata in ebraico – e poi l’inno nazionale.
29 GENNAIO
La Corona deposta al Muro della Morte
Per i 500 ragazzi toscani arrivati in Polonia con il Treno della Memoria, quella di oggi è stata un’altra giornata particolarmente intensa. Dopo la visita al campo di sterminio di Birkenau, è stata la volta della tappa al campo madre di Auschwitz, rimasto in attività dal 1940 al 1945. Gli studenti, giunti da tutta la Regione, hanno dato vita ad un corteo che è sfilato sotto la scritta che accoglieva i deportati: il lavoro rende liberi. Una corona è stata poi deposta di fronte al Muro della Morte, dove avvenivano le fucilazioni dei deportati. Poi l’intervento del presidente del Parlamento toscano degli studenti, Andrea Cappelli. Un discorso appassionato il suo, segnato dalla convinzione che per i giovani è necessario costruire un futuro di pace che abbia le proprie salde radici nella memoria storica. Particolarmente toccanti le visite all’interno di una delle prime camere a gas sperimentate dai nazisti e la prigione dove morì padre Massimiliano Kolbe, frate francescano polacco sacrificatosi per salvare la vita di un padre di famiglia.
Marzynski, scampato allo sterminio: un film sul Treno della Memoria
«Vorrei realizzare un film sul Treno della Memoria per capire perchè dei ragazzi della meravigliosa Toscana decidono di arrivare qua, ad Auschwitz». A parlare è il regista Marian Marzynski salito sul treno della Memoria assieme ai 500 studenti di tutta la Toscana. «Trovo staordinaria la storia di questi giovani che ritengono importante per la propria crescita venire a visitare questi luoghi». Marzynski, ebreo polacco, ha vissuto dall’età di tre anni rinchiuso nel ghetto di Varsavia. Riuscirà a sopravvivere alla Shoah solo perchè nascosto in un orfanotrofio cristiano. In occasione del Treno della Memoria è stato proiettato ai ragazzi toscani il suo ultimo film autobiografico, Never forget to lie. «E’ fondamentale capire il punto di vista delle nuove generazioni che arrivano ad Auschwitz e si interrogano su cosa si significhi per loro quanto successo 70 anni fa».
30 GENNAIO
Le testimonianze dei giovani: porteremo con noi questa esperienza per sempre
«Qua per non dimenticare e per portare questa esperienza in qualunque luogo andremo». Sono molto commossi i giovani studenti toscani quando raccontano questo loro viaggio nell’orrore nazista. Colpiti da quello che hanno visto ad Auschwitz e Birkenau. Colpiti dalle testimonianze dei superstiti. Una vecchia penna a pennino da intingere nella bottiglietta di inchiostro Pelikan. Sembra impossibile, ma era con questo strumento, una volta utile per insegnare a fare le aste e poi i primi rudimenti della scrittura alle elementari, che i nazisti, così tecnici, tatuavano ad Auschwitz in modo naturalmente molto doloroso (e poteva essere il contrario?) il numero di matricola degli internati: quello che diventava il nuovo nome, cognome, patronimico, da tenere bene a mente e scattare all’istante, per sopravvivere, appeno uno lo sentiva pronunciato da una guardia o da un kapò. Una carrellata di volti e di impressioni degli oltre 500 studenti.
31 GENNAIO
Ad accogliere i giovani a Firenze la storia di Antonio Ceseri, soldato deportato
Ad accogliere infatti i ragazzi alla stazione di Firenze c’è Antonio Ceseri, 89 anni, il soldato che assieme ad altri 600 mila militari italiani in tutto il paese (e 40 mila in Toscana) disse di no ai tedeschi dopo l’armistizio del 1943. Fu deportato vicino a Berlino. Erano in 130 e dopo un’esecuzione sommaria da parte dei tedeschi, in ritirata, si salvarono appena in tre, protetti dai corpi dei compagni caduti addosso. Due anni fa aveva raccontato per la prima volta la sua storia ai ragazzi toscani. Qualche acciacco l’aveva stavolta costretto a rimanere a casa. Ma almeno all’arrivo a Firenze non voleva mancare.