Arte & Mostre
Toscana, museo consapevole
di Mauro Del Corso
Presidente della Federazione italiana degli Amici dei Musei
«Italia, museo consapevole». È da sempre, lo slogan degli Amici dei Musei: un piccolo esercito di oltre quarantamila volontari che, riuniti nella Federazione italiana (Fidam), da quasi quarant’anni sono al servizio del patrimonio (e non solo quello musealizzato) del Paese.
Anche quest’anno, come ormai tradizione, la prima domenica di ottobre il 7 gli Amici dei Musei d’Italia hanno organizzato la loro Giornata nazionale, ormai alla IX edizione, sempre sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali. E anche stavolta, sulle cinquantadue associazioni/città partecipanti la parte del leone la fa la Toscana, con le sue undici presenze. Non un caso, se nel 1975 la Fidam nacque proprio a Firenze, per volontà illuminata di una grande figura del volontariato come l’avvvocato Raffaello Torricelli, e tutt’ora vi mantiene la propria sede.
Calci, Carrara, Firenze, Livorno, Loro Ciuffenna, Lucca, Pisa, Pistoia, Prato, Viareggio, Volterra si ritroveranno così idealmente unite con una serie di iniziative tutte legate al tema della Giornata 2012: Viversi fuori, viversi dentro. Grandi Musei e piccoli borghi.
Un titolo, anch’esso, non di maniera, ma legato ad un’esigenza sempre più urgente del nostro patrimonio culturale, sia esso storico artistico, monumentale, scientifico, paesaggistico o ambientale: quella del suo rapporto con il patrimonio umano. Vale a dire gli uomini e le donne che, in un Paese come il nostro e tanto più in terra di Toscana, vivono su uno straordinario palcoscenico di storia, arte, scienza, paesaggio: in una parola cultura. Ma come vivono questa irripetibile esperienza? Quale la loro coscienza e consapevolezza, soprattutto in momenti difficili dove sembra (e talvolta così é) che le priorità siano altre? Incentivati talora ad una sorta di agnosticismo, se non peggio, giustificato anche da affermazioni come quelle che con la cultura non si mangia? E tutti sappiamo bene quanto ciò sia falso ed infondato, se l’indotto turistico è e rimane ahimé sempre meno una delle prime risorse del Paese. Ma, se dunque con la cultura si mangia, non bisognerebbe mai dimenticare che, prima ancora, con la cultura si cresce. Civilmente e socialmente, oltreché economicamente.
A parole, tutti siamo d’accordo (come non potremmo?), spesso meno nei fatti, e negli atti. Privilegiando sovente l’effimero, il feticcio culturale, l’apparenza, più che la sostanza: vale a dire una comprensione piena e durevole quotidiana dei nostri Beni culturali e delle loro testimonianze. Occorre quindi ricostruire dal basso tale sensibilità, spargendola a piene mani, dovunque e tra chiunque, a partire dalle famiglie e dalle scuole (dove, infatti, si sta abolendo l’insegnamento della storia dell’arte, insieme a quello della storia che non sia cronaca). Per capire che la distruzione, ieri, dei millenari Buddha e del loro sito archeologico nella valle di Bamiyan, come quella, oggi, degli straordinari Mausolei dei santi musulmani a Timbuctu o della città murata di Aleppo (per inciso, tutti patrimoni Unesco e per cui ben poco si è fatto e si sta facendo), equivalgono al degrado, agli atti di vandalismo, d’incuria e di abbandono come a quelli di dissennata cementificazione nel nostro Paese. Così come alle vociferanti resse che si accalcano solo per grandi eventi o grandi musei. Non è un paradosso, ma una dura ed invadente realtà.
Se il nostro motto è, nei fatti, quello di Italia, museo consapevole, è necessario allora viverlo coscientemente dentro, per poterlo poi vivere intelligentemente fuori.
Anche per questo, insieme alla Giornata nazionale, anche il XXV convegno degli amici dei Musei d’Italia che si terrà a Firenze dal 19 al 21 ottobre con il generoso sostegno dell’Ente cassa di Risparmio avrà lo stesso filo conduttore.
Credere che il patrimonio culturale possa fare a meno dei suoi fruitori che dovrebbero essere aiutati e sostenuti nel capirlo per viverlo nella maniera più consona e proficua significa inevitabilmente allontanarlo dall’uomo o, peggio, farne una sorta di riserva per pochi eletti (o che si ritengono tali).
curatrice grafica della locandina della Giornata degli Amici dei muse
Se il tema ed il titolo della Giornata potrebbero suscitare stupore, tale stupore certo sarà aumentato dall’immagine di questa locandina. Al centro della piazza di un «piccolo borgo» un quintetto di angeli canta accompagnandosi con dei liuti, poco più in là, sul sagrato, le Grazie ascoltano e danzano quella stessa musica, una Madonna siede pensosa e guarda altrove, infine un giovinetto, che sia egli un San Giovannino ispirato da cristiana letizia o un monello pagano non toccato dal sentimento religioso, come alcuni sostengono, volge uno sguardo beffardo allo spettatore.
Ride, canzonatorio ed autoironico pensando all’effetto «pop» che possono fare queste loro figure uscite dal pennello di giganti come Beato Angelico, Piero della Francesca, Botticelli, Caravaggio, rispettosamente «profanate» con pochi comandi di Photoshop, estrapolate dal proprio contesto di meravigliose pitture e manipolate secondo una logica creativa e comunicativa elementare, forse ingenua, che li vede uscire dagli Uffizi, dalla Pinacoteca Capitolina e da altri «grandi musei» per essere riassemblati nella Pienza di Bernardo Rossellino, paradigma della città ideale simbolo tanto del «piccolo borgo» d’altura medievale quanto della città ideale di urbanistica umanista in un ovvio riferimento al titolo della IX Giornata Fidam.
Nella scena, che si compone come un ipertesto semiotico, si può ricreare, per inferenza, il profilo di Borgo Sansepolcro che si staglia nel paesaggio sulla destra della scena della Natività di Piero della Francesca, dalla quale sono stati presi in prestito gli angeli per conseguire una simultanea visione del topos «borgo» dall’interno e dall’esterno, visibile nello scorcio di Pienza e ricreabile come miraggio attingendo alla memoria.
Quel borgo, meravigliosa emergenza del paesaggio italiano e alveare brulicante di una operosa civitas, che è superorganismo di pietre vive, tessuto scheletrico di una fiumana sanguigna, pulsata a partire dalla piazza, a percorrere il sistema venoso delle piccole vie sino agli alveoli di anditi e cortiletti, che spesso oggi patisce l’abbandono che consiste nella rovina della materia oppure, forse peggio, nell’abbandono della sua popolazione e nell’utilizzo quale arena estiva per feste popolari e quale centro commerciale, nell’ipermusealizzazione che sostituisce lo stereotipo al luogo.
Nella Pienza che vedete in figura c’è una festa. Non una di quelle dove il perimetro concluso delle mura diviene accessibile al turista solo pagando un biglietto, ma una festa spontanea, fatta dai paesani per i paesani come quelle che capita di vedere a Cropani o in altri gioielli remoti sparsi per il nostro Sud. È un assembramento spontaneo ed estemporaneo di persone che, con grazia, scendono di casa richiamate dalla musica dei liuti. Il San Giovannino siede beffardo sugli scalini come a sfidare tutte quelle ordinanze comunali che in alcune città-museo vietano tale uso dei sagrati monumentali. La Madonna siede composta e pensosa celando con la sua veste quella panca di via che è stata massima espressione della filantropia dell’architettura rinascimentale e ci ricorda quanto fosse meravigliosamente labile il confine tra spazio pubblico e privato nei borghi e nelle città fino a poco tempo fa, evidenziando quanto oggi lo spazio pubblico sia stato progressivamente eroso e contaminato da dehors privati.
Infine c’è la danza delle tre Grazie che immancabilmente rimanda al meraviglioso giardino, che ne è originale ambientazione, che ci ricorda come il concetto di paesaggio, irradiatosi proprio da quei borghi che tutt’oggi lo caratterizzano, sia stato dominato per anni da quell’idea di natura idilliaca derivata dalle fonti classiche che lo ha assimilato a lungo ad un enorme giardino articolato in una serie di bellezze panoramiche considerate, secondo un’impostazione crociana, come dei quadri. Concezione questa che ha portato all’applicazione di un regime meramente vincolistico i cui esiti sono evidenti a tutti e che solo la Convenzione Europea ha modernamente superato col grande merito di riconsegnare il paesaggio agli abitanti poiché il paesaggio, come i borghi, fa dell’Italia un grande museo che langue e perisce se guardato da fuori e che potrà conservarsi tale solo se continuerà a lasciarsi «vivere dentro» con amore e cura.
Iconografia
Gli appuntamenti
Di seguito l’elenco delle associazioni/città toscane partecipanti alla IX Giornata nazionale della Fidam domenica 7 ottobre