È tornato alla Pieve il busto-reliquiario di San Donato, appena restaurato e restituito a nuovo splendore grazie all’impegno delle«Argenterie Giovanni Raspini», sponsor unico del restauro.Il capolavoro dell’oreficeria aretina, creato dagli artigiani Pietro Vanni e Paolo Ghiselli intorno al 1346 per conservare le ossa del cranio del Santo (vescovo e patrono della città di Arezzo), è stato presentato alla presenza di un entusiasta don Pietro Bernini, parroco della Pieve, della direttrice del museo diocesano Daniela Galoppi, di Giovanni Raspini, della numismatica Franca Maria Vanni e dei restauratori delle oreficerie dell’opificio delle pietre dure di Firenze. L’analisi del busto in argento dorato ha confermato come esso sia un vero microcosmo di storia dell’oreficeria, il simbolo della tradizione orafa aretina: uno dei più grandi esperti del settore, Marco Verità, ha definito gli smalti del San Donato una straordinaria eccellenza della scuola orafa medievale toscana. Col restauro sono stati pure effettuati i dovuti test sulla lega del metallo e sulla tipologia di lavorazione. Dal restauro è venuta fuori un’altra sorpresa, un mistero che il busto ha nascosto per secolo. Durante la pulitura, nascosto nell’interno del colletto del busto e dietro il medaglione smaltato frontale, è stato rinvenuto un vero e proprio tesoretto, con tre medaglie votive e tredici monete, di rame e d’argento. Sicuramente questo piccolo «tesoro», rinvenuto dopo secoli grazie a sei mesi di lavoro, è stato deposto da uomini o donne che volevano rendere grazie a San Donato o pregare il santo.