Cultura & Società

Torino 2006: l’olimpiade non parla toscano

Con un’imponente la cerimonia d’apertura, trasmessa in mondovisione e alla quale hanno assistito due miliardi di persone, ha preso il via a Torino, venerdì 10 febbraio, la XX edizione dei Giochi olimpici invernali. La formula di rito è stata pronunciata dal nostro capo dello stato, Carlo Azeglio Ciampi, davanti a 22 Capi di Stato e sovrani, 12 tra consorti di capi di stato ed esponenti di famiglie reali, 23 primi ministri, 53 ministri dello Sport.

La bella coreografica è iniziata con l’olimpionico Yuri Chechi che ha suonato un gong a forma di incudini, a sottolineare la tradizione “operaia” di Torino. Dopo l’Inno di Mameli cantato da una bimba vestita con il tricolore, nell’ex Stadio Comunale del capoluogo piemontese sono sfilati gli 80 Paesi che partecipano ai Giochi, con in testa la Grecia, paese in cui le Olimpiadi sono nate. Ultima è sfilata l’Italia, paese ospitante, con la giovanissima Carolina Kostner come portabandiera. Ma nella folta rappresentativa degli atleti azzurri non sono presenti questa volta atleti della Toscana, che pure può vantare uno dei primi campioni olimpici invernali, Zeno Colò che nel 1952 vinse nella discesa libera ai giochi di Oslo.

Dopo il via ai Giochi dato da Ciampi, Giorgio Rocca ha letto il giuramento olimpico a nome di tutti gli atleti che partecipano ai Giochi. “Il rispetto delle regole dello sport – ha giurato lo slalomista azzurro – uno sport senza doping e senza droghe”. Poco dopo Alberto Tomba ha portato la fiamma olimpica all’interno dello stadio. Il campione bolognese ha poi passato la torcia agli staffettisti di Lillehammer, quindi a Piero Gros e a Deborah Compagnoni. Ultima tedofora la Belmondo (l’atleta italiana vincitrice del maggior numero di medaglie olimpiche ai Giochi invernali – 10, tra le quali due d’oro) che ha acceso il braciere in un tripudio di applausi e i sogni olimpici di un’intero pianeta.

Nella cerimonia Giorgio Albertazzi ha declamato Dante, indossando una cappa bianca allacciata al bavero da una catena e una sciarpa rossa, mentre Luciano Pavarotti ha concluso con la celebre aria “Nessun dorma”. Per due ore il mondo ha avuto sotto gli occhi quanto la cultura italiana può offrire, in un escalation di musiche, luci e colori studiati per lasciare tutti a bocca aperta.

Benedetto XVI ha espresso la speranza che i Giochi di Torino possano essere “un segno eloquente di amicizia” tra i popoli “per rinsaldare” relazioni di intesa solidale”. Il Papa ha inviato un messaggio al cardinale di Torino, Severino Poletto, in cui ricorda la simbologia di pace legata ai giochi olimpici sin dall’antichità.