La notizia, data dalla Biblical Archeology Review, una delle più autorevoli riviste di archeologia biblica, ha subito fatto il giro del mondo: un’urna funebre riscoperta di recente in Israele, risalente al 63 dopo Cristo, porta la scritta «Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù». Sarebbe quindi la tomba di quel Giacomo che viene indicato negli Atti degli Apostoli come capo della Chiesa di Gerusalemme e che risulta, secondo fonti storiche, essere stato lapidato nel 62.«Si tratta sicuramente di una scoperta interessante – commenta il biblista don Carlo Bazzi – ma non rivoluzionaria: è un’ulteriore, autorevole conferma delle conoscenze che già si avevano». «È interessante – prosegue – soprattutto perché rappresenta la più antica testimonianza dell’esistenza storica di Gesù. È paragonabile, in questo senso, alla scoperta fatta nel 1967 di una lapide in cui si cita il nome di Pilato, prefetto di Giudea: anche questa era una conferma della storicità dei Vangeli».La scoperta riapre la questione della «verginità perpetua» di Maria: «Il fatto che Maria sia ascesa in cielo vergine – afferma don Bazzi – appartiene da sempre alla tradizione cattolica, anche se non è un dogma di fede come lo è invece la verginità della Madonna al momento del concepimento di Gesù. L’esistenza di fratelli di Gesù, di cui ci parlano anche i vangeli, è sempre stata risolta interpretando il termine fratello come indicazione generica di parentela, secondo l’uso dell’epoca». «In questo senso – conclude don Bazzi – la scritta trovata sull’urna lascia aperta la questione, non dice in che senso sia da intendere la parola fratello».