Italia

Tifoso ucciso, da un tragico errore alla follia collettiva

Il “tragico errore” di un agente della Polstrada ha spento la vita di un ragazzo di 26 anni, innamorato della musica e del calcio, domenica mattina su una piazzola dell’Autostrada del sole, ed acceso la guerriglia degli ultras contro la polizia negli stadi e nelle piazze di tutt’Italia, da Bergamo a Taranto. Gli scontri più cruenti a Roma, dove è stato messo a soqquadro il quartiere Flaminio, tra lo stadio Olimpico e la caserma del reparto volanti in via Guido Reni, con feriti ed arresti. Ma è anche polemica sul mancato rinvio delle partite perché, come per primo ha detto l’avvocato del ragazzo accusato per la morte dell’ispettore Raciti, “non ci possono essere morti di serie A e serie B”.

Tutto è cominciato poco dopo le 9 di somenica 11 novembre con quelli che, le prime notizie, indicavano come tafferugli tra due gruppetti di opposte tifoserie, Lazio e Juve, incrociatisi per caso su una piazzola dell’Autosole, a Badia al Pino, in provincia di Arezzo. Due pattuglie della polstrada, ferme sul lato opposto dell’autostrada, assistono da lontano, non capiscono – spiegherà poi il questore di Arezzo – neppure che si tratta di tifosi, e cercano di farli desistere accendendo le sirene delle auto, poi sparando in aria. Uno, due colpi. Le auto dei tifosi ripartono, è ancora la ricostruzione di questore e procura. Pochi chilometri dopo, 4-5, al casello di Arezzo la Megane Scenic con a bordo Gabriele Sandri e altri quattro tifosi della Lazio si ferma, chiedono aiuto. Ha il finestrino posteriore laterale forato e Gabriele, il collo trapassato da un proiettile, è già morto.

Per polizia e magistratura saranno gli accertamenti balistici a dover dire chi ha ucciso Gabriele. Lo dicono e lo ripetono alle domande dei giornalisti, fino a smentire che l’agente della polstrada che ha sparato sia iscritto nel registro degli indagati, precisando che il magistrato lo ha interrogato come testimone. Ma per i tifosi, non solo quelli della Lazio, non c’é bisogno di aspettare. Sono loro a dare per primi la notizia che la polizia ha sparato. Sono loro ad accendere il tam tam sul web, sulle radio, sui telefonini, chiedendo che il campionato si fermi, sfidando i giornalisti a “scrivere la verità, se ne avete il coraggio”. “Non ci sono morti di serie A e di serie B” dice l’avvocato che difende il ragazzo accusato dell’uccisione dell’ispettore Raciti, a febbraio scorso fuori dello stadio di Catania.

“Avevamo pensato di sospendere tutte le partire”, dice il presidente della Federcalcio Abete a Sky, ma visto che la morte del tifoso “per le informazioni che ho, è un fatto la cui dinamica va ancora accertata”, si è deciso di soprassedere. Le voci del Palazzo, questa volta non il tam tam dei tifosi, mormorano che sia stato il Viminale a non volere lo stop, forse, pensando così di mettere meno a rischio l’ordine pubblico. Ma Inter-Lazio a Milano non si gioca, il presidente Lotito può chiudere ogni ipotesi diversa spiegando che la squadra non si sente comunque di scendere in campo. Le due tifoserie unite dallo stadio raggiungono il centro dietro uno striscione che dice ‘Amato dimettiti’. C’é tensione, una sassaiola contro un commissariato di ps, razzi sparati verso la sede Rai, giornalisti e fotografi aggrediti, ma si riescono ad evitare veri scontri. A Bergamo, a far sospendere Atalanta-Milan sono le tifoserie dopo nemmeno dieci minuti di partita così come in uno stadio al capo opposto d’Italia, quello di Taranto, dove si giocava una partita di C1. Ancora tifosi di squadre che oggi dovevano confrontarsi in campo, si alleano per gridare contro un campionato che non si ferma e contro la polizia, a Parma.

Ma la partita considerata a più alto rischio è quella che deve giocarsi in serata a Roma. Gli ultras giallorossi sono da tempo alleati con i biancoazzurri contro il nemico comune: le forze di polizia. L’Osservatorio sul calcio, riunito al Viminale ne sta discutendo, quando, a quanto si è appreso, Abete si è sentito con il sindaco di Roma (per telefono da Cracovia), con Rossella Sensi, ed ha tagliato ogni incertezza, decidendo il rinvio per dare un “segno di civilità”. Non è stato sufficiente a fermare l’ira degli ultras, già in piazza da ore. L’area compresa tra lo stadio Olimpico, Ponte Milvio ed il quartiere Flaminio, dove, in via Guido Reni, c’é la caserma delle Volanti, sono state messe a soqquadro: auto, ciclomotori e cassonetti danneggiati, un bus in fiamme, una bomba carta lanciata nella sede del Coni, agenti di polizia, vigili urbani e carabinieri feriti. (ANSA).

«La vita non può mai essere sacrificata sull’altare dello sport e vale infinitamente di più di una gara di campionato». Sono le prime parole che ha pronunciato il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Gualtiero Bassetti, non appena ha appreso la notizia della morte di un sostenitore della Lazio nell’area di sosta di Badia al Pino, lungo la A1, alle porte di Arezzo. Il Vescovo è stato informato del dramma durante la visita pastorale che sta compiendo nella parrocchia di Foiano della Chiana, proprio a pochi chilometri dal luogo in cui si è consumato il fatto.MONS. BASSETTI: NON AGGIUNGETE VIOLENZA A VIOLENZAPer pregare per il giovane ucciso, monsignor ha scelto la celebrazione della Cresima a Foiano che ha conferito a ventidue giovani. Rivolgendosi a loro, monsignor Bassetti ha lanciato il suo monito contro le derive sportive. «Lo sport è un mezzo che può contribuire a far crescere la persona e ad educare sia umanamente, sia spiritualmente – ha sottolineato monsignor Bassetti – Eppure oggi assistiamo a forme di devianza che inquietano intorno a tutto ciò che ha a che fare con il mondo dello sport. Ne è un esempio la violenza che troppo spesso si incunea fra gli atleti e fra i tifosi dentro e fuori gli impianti. Il clima di esasperazione che circonda gli eventi dello sport, e in particolare quelli calcistici, è da condannare. La crescita umana e la violenza non possono abitare nella stessa dimora. Dove c’è violenza, non può esserci Dio».Il Vescovo ha ricordato anche il giovane che è deceduto nell’area di servizio dell’A1 vicino ad Arezzo. «Prego per lui. Prego per la sua famiglia, per gli amici e per coloro che con lui condividevano la passione per una squadra di calcio. Quando tramontano le speranze umane, sorge la speranza divina. Quando sembra che tutto frani attorno a noi e ci sentiamo sprofondare, i Signore ci afferra con la saldezza del suo amore».Poi ha lanciato un appello agli sportivi. «Non aggiungete violenza a violenza. Non inscenate scontri per un senso di vendetta o ribellione. La vendetta genera soltanto ulteriore dolore. Lo sport non è dolore. Lo sport è svago e sorgente di piacevole distensione. Lo sport è rispetto per l’avversario e sana competitività. Lo sport è solidarietà che non può essere macchiata da gesti inconsulti».Monsignor Bassetti ha sottolineato anche il ruolo dei dirigenti sportivi e degli atleti. «Coloro che sono ai vertici dei gruppi sportivi e coloro che ogni giorno scendono sui terreni da gioco non siano i primi fomentatori di azioni facinorose che possono essere emulate dai tifosi che vedono in loro esempi positivi da imitare». BRUNO PIZZUL, UN MALESSERE CHE “HA TROVATO ESCA NEL MONDO DEL CALCIO”“E’ drammatico quello che è successo, per come, dopo il lutto e il dolore della famiglia e degli amici della vittima, come si è evoluta la situazione in una domenica di calcio. Un altro segnale che ci fa capire che non è solo questo sport ad essere malato e pieno di problemi ma è il nostro Paese che vive in una situazione inaccettabile se si verificano episodi di violenza come gli attacchi alle forze di polizia, alle caserme, etc.”. Lo ha detto al Sir Bruno Pizzul, giornalista e ed ex telecronista sportivo della Rai, commentando gli episodi di ieri con la morte del giovane ventiseienne ucciso da un poliziotto in un autogrill sull’A1 e le contestazioni, i cortei, gli incidenti in più città che hanno costretto anche la sospensione di partite. “E’ un segno di malessere generale – ripete Pizzul – che ha trovato esca, in maniera indiretta, nel mondo del calcio. Questo denota una situazione molto, molto pericolosa, anche per quella che è la normale convivenza civile in un Paese democratico”. n merito alla proposta di sospensione del campionato, Bruno Pizzul, che per tanti anni ha raccontato in telecronaca diretta le partite della nazionale italiana, dice al Sir di essere convinto che “nessuno ha una ricetta infallibile” per mettere fine a situazioni di questo genere. Certo è – aggiunge – che si può prendere in considerazione l’ipotesi di bloccare il campionato anche se quello che è successo ieri, francamente, ha delle motivazioni e degli agganci abbastanza indiretti con il calcio. Il fatto che questo ragazzo fosse un giovane tifoso della Lazio ha fatto scatenare una serie di reazioni intollerabili”. “Io non so – prosegue il giornalista sportivo – se basta sospendere il campionato, certo è che qualsiasi occasione viene trovata per attaccare le forze dell’ordine e tutto ciò che rappresenta l’ordine costituito. Questo è un problema del calcio ma certamente non solo del calcio”. “Non ho soluzioni. Si potrebbe anche dire non giochiamo più a calcio”, conclude Pizzul, “sarebbe un modo di arrendersi a quei facinorosi che hanno la situazione in pugno e che non aspettano nient’altro per creare tensioni. La tifoseria italiana, anche se può sembrare una frase fatta, è costituita da persone per bene. A questi che si comportano in modo violento non lancerei nessun messaggio perché non lo recepirebbero”. MONS. BETORI, “MASSIMA VICINANZA ALLA FAMIGLIA DEL GIOVANE”“Massima vicinanza alla famiglia del giovane ucciso”. Ad esprimerla è stato mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, che – a margine della conferenza stampa per la presentazione del nuovo lezionario liturgico – ha commentato quanto avvenuto nella giornata di ieri: l’uccisione del tifoso laziale e le contestazioni, i cortei, gli incidenti in più città che hanno costretto anche la sospensione di partite. “Lasciamo alle autorità preposte l’identificazione delle responsabilità”, ha detto mons. Betori, condannando “il clima complessivo di violenza che si esprime in diversi contesti e, persino, nello sport”. Quanto avvenuto ieri, ha aggiunto mons. Betori, “fa ancora più male perché lo sport dovrebbe essere luogo di crescita e di educazione. Ciò che sta accadendo è quanto di più contraddittorio alla natura dello sport. Sarebbe grave – ha concluso – aggiungere violenza a violenza”. IL POLIZIOTTO HA SPARATO AD ALTEZZA UOMO, C’E’ UN TESTIMONEArezzo, 12 novembre – E’ indagato per omicidio colposo l’agente che ieri ha sparato ad Arezzo sull’autostrada A1 dove in un’area di servizio è morto il tifoso laziale Gabriele Sandri, raggiunto al collo da un proiettile. Ma il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe, non esclude che l’ipotesi di reato possa aggravarsi, anche in base alle testimonianze. Tra queste, quella di un commerciante romano, che agli investigatori ha raccontato di aver visto l’agente sparare “impugnando la pistola con entrambe le mani”. “Le braccia erano tese – ha aggiunto -. Non mi sembra sparasse in aria, anzi…”. Poche ore più tardi, anche il questore, riferendosi ai “primi esiti delle perizie” ha spiegato che uno dei due colpi è stato sparato ad altezza d’uomo. La dinamica della vicenda inizia a prendere corpo. “Abbiamo detto fin da subito che la responsabilità era del poliziotto della stradale”, ha spiegato Giacobbe durante una conferenza stampa. Il questore ha poi aggiunto che l’ogiva trovata sul cadavere è compatibile con quella delle pallottole utilizzate dalla polizia.

Per Giacobbe “é probabile” che l’agente, Luigi Spaccarotella, 31 anni, “abbia cercato di sparare alle gomme dell’auto: se è così – ha aggiunto il questore – ha preso un rischio enorme”. Durante la giornata, ad Arezzo sono circolate notizie non ufficiali. Secondo una di queste, il proiettile, sparato dalla carreggiata opposta a quella dove si trovava l’auto su cui viaggiava Gabriele, sarebbe stato deviato da un palo di sostegno della rete che divide le due coppie di corsie autostradali. Difficile districarsi tra mille versioni sussurrate. “Fin dall’inizio – ha spiegato il questore in apertura di conferenza stampa – siamo stati inseguiti dalla diffusione di una serie di notizie false, surreali e irreali”. Comunque il questore ha ribadito che ieri gli agenti della Polstrada sono intervenuti ritenendo che nell’area di servizio opposta a quella in cui si trovavano fosse scoppiata una rissa, forse una rapina. Si era parlato di tafferugli tra tifosi, ma “ancora non è certo”, ha aggiunto Giacobbe. Il questore ha lanciato un appello: una delle auto che si trovavano vicino a quella di Gabriele era una Mercedes “Classe A” scura, “ci interesserebbe sentire il parere delle persone che la occupavano”. Ieri nei primi sopralluoghi della scientifica nell’area di servizio sono stati trovati due coltelli, alcune biglie, sassi e ombrelli, ma gli investigatori non sono certi che ci sia un legame con quanto avvenuto.

Il fratello di Gabriele, Giacomo, arrivato all’ospedale di Arezzo per l’ autopsia sulla salma ha chiesto di “evitare strumentalizzazioni in ordine a fatti da stadio”. La salma è stata benedetta dal vescovo di Arezzo, Gualtiero Bassetti: “Sono venuto qui a dire a Gabriele: in Paradiso al tuo arrivo, ti accolgano i martiri. Non è mai giusto strumentalizzare la morte di un innocente”. In serata la salma di Gabriele sarà portata a Roma, dove domani si aprirà la camera ardente, in piazza Campitelli, nella sala santa Rita, dalle 10.30. I funerali si svolgeranno mercoledì nella parrocchia di San Pio X alla Balduina, una chiesa che ha visto Gabriele crescere, 11 anni fa là ricevette il sacramento della Cresima. (Giampaolo Grassi – ANSA).

AMATO: EVERSIONE IN CURVE, EVITATA MATTANZA ROMA, 13 novembre – Il Viminale non ha nascosto nulla sull’uccisione di Gabriele Sandri e le responsabilità dell’agente che ha sparato saranno accertate “con la massima severità”. Detto questo, preoccupa la reazione “eversiva” degli ultras, protagonisti di scontri che potevano degenerare in “un’autentica mattanza” a Roma, se le forze dell’ordine avessero risposto duramente. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato ricostruisce alla Camera gli eventi di domenica scorsa, ribadisce la condivisione delle scelte del capo della polizia e respinge le critiche del centrodestra.

PROBLEMI INFORMATIVI, MA NULLA NASCOSTO – Il primo pensiero va al tifoso ucciso: una morte, la definisce il ministro, “assurda ed ingiusta”. Riconosce poi che qualcosa non ha funzionato nell’informazione su quanto avvenuto nell’autogrill. “Abbiamo vissuto – spiega – ore difficili la mattina di domenica. Non siamo stati in grado di dare un’informazione tempestiva, ma il Viminale non ha occultato nulla che sapesse. Solo tra l’una e mezza e le due, la questura di Arezzo è stata in grado di comunicare che c’era stato un tragico errore”.

MASSIMA SEVERITA’ SU RESPONSABILITA’ – E sembra accertato, prosegue, “che lo sparo è avvenuto con le braccia tese dall’altra parte dell’autostrada. Resta da capire perché, ammettendo che il primo sparo fosse stato rivolto in alto, la pistola non fosse stata riposta nella fondina come è previsto, perché ci sia stato ancora un secondo sparo”. Per l’agente non ci saranno comunque sconti. “Se qualcuno spara quando non deve sparare – sottolinea – le sue responsabilità sono da accertare con la massima severità; l’essere poliziotto non esime dal rispetto delle regole; al contrario, impone che siano rispettate con ancora maggiore impegno”.

REAZIONE VIOLENTA CI SAREBBE STATA COMUNQUE – Ma gli scontri di domenica, ne è convinto Amato, sarebbero esplosi anche se l’informazione sull’uccisione del tifoso laziale fosse stata data in modo perfetto. La morte di Sandri, secondo il ministro, é stata per gli ultras “l’occasione cercata di tornare alla violenza. Infatti – fa notare – i movimenti contro la polizia sono iniziati già alle 13. C’é un tam tam informativo che funziona tra le tifoserie”. E la decisione di sospendere tutte le partite “avrebbe provocato incidenti maggiori”.

CENTRALI EVERSIVE ALIMENTANO ULTRAS – Per descrivere la reazione ultras, Amato parla di “rabbia cieca ed eversiva”. Non si tratta, infatti, per il ministro, di semplice violenza, c’é qualcosa di più. Ci sono “centrali eversive che alimentano l’estremismo nelle tifoserie, che cercano di assoldare come militanti armati contro la polizia tanti giovani che trovano così la loro identità”. La procura di Roma, ricorda, “vuole verificare se negli incidenti di domenica c’e una connessione terroristico-eversiva, ma questo è uno dei temi che dobbiamo affrontare e dobbiamo liberarne il calcio”.

EVITATA MATTANZA – E le forze dell’ordine non hanno nulla da rimproverarsi per gli scontri di Roma. “La risposta – rivela Amato – non è stata così dura per una scelta deliberata che il capo della polizia ha fatto, e che io ho condiviso, allo scopo di non fornire ulteriori occasioni di scontro fisico”. E così, continua, “le forze dell’ordine hanno controllato, difeso le proprie sedi, non hanno lasciato quella parte di città abbandonata alla violenza, perché era comunque una violenza indirizzata solo contro di loro”. Hanno evitato, aggiunge, “comportandosi così, che ci fosse un’autentica mattanza”.

PER DESTRA DOVEVO SOSTITUIRMI A CAPO POLIZIA – Il ministro respinge quindi le critiche del centrodestra. “Secondo loro – osserva – il ministro avrebbe dovuto mettersi alla guida delle truppe contro le decisioni operative di chi ha la responsabilità della gestione dell’ordine pubblico, contro le scelte del capo della polizia, del questore, del prefetto. Scelte che peraltro ho pienamente condiviso”. (Massimo Nesticò – ANSA).

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