Prato

«Ti offrono sempre qualcosa invece di chiedertela»

di Filippo CiardiCarico di emozioni e di ricordi freschi ed importanti, è appena tornato in Italia Luca Scuccimarra (nella foto tra due suore), un giovane operaio pratese partito in missione per l’Eritrea a metà dicembre, della cui «avventura» già avevamo parlato quando era ancora in corso. Luca è stato ospitato ad Asmara dalle Suore Cappuccine di Madre Rubatto, con le quali erano già entrati in contatto i giovani, lui compreso, che avevano partecipato al campo in Eritrea organizzato dalla Diocesi di Prato nell’estate del 2003. Dopo essersi ambientato, Luca ha fatto un po’ di tutto. A gennaio sono iniziati i lavori per la costruzione di una scuola e di una chiesa in un villaggio vicino a Feledarib, di nome Besgdira, nella zona di Keren. «Ho aiutato – racconta Luca – i volontari dell’associazione trentina Il Tukul, che collabora stabilmente con le suore. Abbiamo trasportato l’attrezzatura edile sul posto e ho dato una mano nella costruzione. Poi però c’è stato bisogno di un autista per il trasporto dei viveri da Asmara a Feledarib, dove erano stanziati i volontari italiani dell’associazione, che rifornivo ogni 2 o 3 giorni». Alle suore Luca ha fatto anche lezione di italiano, ma è andato ben oltre, improvvisandosi autore di libri. «Con l’aiuto di una giovane del posto- racconta il pratese – ho curato la stesura di un libretto commemorativo dei primi 10 anni di attività in Eritrea dell’associazione Il Tukul. Mi sono buttato, non avevo esperienza in questo campo, ed il bello è che è stato fatto tutto laggiù».Nella seconda metà di febbraio, Luca si è trasferito nel villaggio di Hagaz per un paio di settimane, prima del suo ritorno in Italia. «Ho lavorato presso una scuola agro-meccanica dei Fratelli delle Scuole Cristiane di S. Francesco di Sales. La zona è arida ma grazie a questo istituto vengono insegnate e sperimentate tecniche agricole che consentono ad esempio di coltivare la vite e di allevare il bestiame. Ho conosciuto professori e tecnici agronomi volontari provenienti da tutte le parti del mondo». Luca conclude il suo racconto con le sue impressioni a caldo sulla gente e sulla situazione in Eritrea. «Per fare un’esperienza come la mia sono necessari un po’ di spirito di adattamento e delle motivazioni, ma in Eritrea tutte le preoccupazioni che si possono avere andando in Africa passano in secondo piano, perché si incontrano delle belle persone, soprattutto nei villaggi. Nonostante la loro povertà conservano una grande dignità e ti offrono sempre qualcosa, invece che chiedertela. Hanno molto rispetto, soprattutto per gli anziani, e stando in mezzo a loro non si corre alcun pericolo. Purtroppo, nonostante formalmente adesso ci sia la pace, il regime militare costringe i giovani, anche le donne senza figli, ad arruolarsi nell’esercito per un tempo indeterminato, e i giovani dei villaggi che non si presentano alla chiamata alle armi hanno una gran paura di essere rastrellati dai militari. Se ci fosse un altro tipo di politica – conclude Luca – è certo che ci sarebbe più forza lavoro e che le sorti del paese si risolleverebbero da sole. Così è tutto più difficile e per questo c’è bisogno della vicinanza anche di noi Italiani».