Allo scopo di garantire la sicurezza della gente, il governo della Thailandia ha dichiarato oggi e domani giornate festive, dopo che gli ultimi quattro giorni di duri scontri tra camicie rosse e forze dell’ordine hanno fatto a Bangkok non meno di 36 vittime e circa 200 feriti; altre 60 vittime e circa 1500 feriti costituivano il bilancio totale da Marzo a Giovedì. All’alba di stamani – il fuso orario della Tailandia è di cinque ore più avanti di quello europeo secondo le descrizioni di cronisti internazionali, il centro della capitale tailandese appariva sconvolto, in particolare nella zona del Lumpini Park, dove si sarebbe raggruppata gran parte dei dimostranti, teatro di intense sparatorie nella tarda serata di ieri. L’annuncio che in ospedale era morto il generale ribelle, già a capo delle “camicie rosse”, gravemente ferito quattro giorni fa – non si sa da chi – ha fatto temere stamani nuove tensioni. Diverse ambasciate hanno intanto deciso di restare chiuse almeno fino a domani e il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza per 22 provincie soprattutto nel nord e nord-est del paese da cui proviene gran parte dei manifestanti, per lo più sostenitori dell’ex-primo ministro Thaksin Shinawatra, il magnate delle telecomunicazioni attualmente in esilio (ma in contatto telefonico costante con i manifestanti), dopo essere stato deposto con un colpo di stato incruento nel settembre 2006 e aver dichiarato di ritirarsi dalla politica. I primi disordini a Bangkok hanno cominciato a prender forma poco dopo il 26 febbraio, giorno in cui è stata reso nota la decisione della Corte suprema di sequestrare 46 miliardi di baht (circa un miliardo di euro), equivalenti a una parte del patrimonio personale dell’ex-premier, ritenuto colpevole di aver utilizzato il suo incarico di capo del governo per arricchirsi personalmente. Già nel 2001 Shinawatra, già a capo del governo come principale esponente di un partito populista, stava per essere arrestato e bandito dalla vita politica per cinque anni, a causa del conflitto di interessi tra il suo incarico politico e i suoi ramificati interessi finanziari e imprenditoriali; due anni dopo, organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani avevano duramente crticato una sua campagna contro il narcotraffico conclusasi con l’esecuzione sommaria di centinaia di sospetti.Misna