Vita Chiesa
Tettamanzi e Poletto a Prato: «Annunciare Cristo è un dono»
di Gianni Rossi
«La missione è nel dna del cristiano». Concetto chiaro eppure tutt’altro che scontato nella vita di fede. Lo ribadisce a Prato, aprendo il convegno pastorale diocesano, il card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Lunedì 10 settembre è lui l’ospite d’eccezione che dà il «la» al nuovo anno pastorale: la diocesi laniera sta infatti preparando la missione che la impegnerà per il biennio 2008 – 2010.
L’arcivescovo invita a guardare fuori dalle mura delle chiese, dai perimetri delle parrocchie, per essere «Chiesa delle beatitudini, libera da dipendenze e intralci, povera e amica dei poveri, accogliente verso ogni persona».
Nella chiesa di San Francesco più di seicento persone ascoltano il cardinale che parla di annuncio ma anche di ascolto. «Il cristianesimo non è fatto di precetti e di comandamenti. Il suo “contenuto” centrale è Gesù Cristo». Annunciarlo, più che un dovere, «è una grande fortuna, è un dono».
L’arcivescovo di Milano delinea lo stile del cristiano: «Accoglienza, ascolto, condivisione». In una società riempita di parole, dove si esprimono giudizi su tutto e tutti – «basta accendere la televisione», ha annotato Tettamanzi – il porporato invita i cristiani ad essere «uomini e donne che ascoltano», disponibili «a dedicare il tempo agli altri e a condividere con loro gioie e dolori della vita feriale».
Due giorni prima, nella festa dell’8 settembre – la Natività di Maria è la ricorrenza più cara ai pratesi – un altro cardinale era stato ospite della Diocesi. A presiedere infatti la solenne concelebrazione del mattino in duomo e, alla sera, la tradizionale ostensione del Sacro Cingolo mariano, il vescovo Simoni aveva chiamato Severino Poletto, arcivescovo di Torino.
Il porporato, nella sua omelia, non aveva mancato di sottolineare le somiglianze tra le due città – diverse certo per storia, dimensione e indole – ma vicine per la forte impronta industriale e per la nutrita presenza di immigrati extracomunitari. Per superare i problemi che investono le due realtà urbane, bisogna ritrovare il valore del lavoro, da promuovere, e la responsabilità di un’accoglienza declinata nella legalità. Il messaggio finale era stato quello di «riscoprire il progetto di Dio sulla vita di ciascuno e nella vita delle nostre città». L’esortazione è a promuovere la famiglia, «cassaforte dei valori più grandi», ad affrontare quella che Poletto ha definito una vera e propria «emergenza educativa», a investire sul lavoro.