Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Testimoni della vita La «missione» di Maria Luisa: annuncio la felicità di vivere.

«Mi sono data una missione: aiutare chi è nella mia stessa situazione ad avere un’esistenza serena. Perché la vita va vissuta sempre». Se dallo scorso gennaio i malati di Sla della provincia di Arezzo possono contare su un percorso di assistenza da parte dell’Asl8 aretina, lo devono a Maria Luisa Valesio che, dal letto di casa in cui la malattia l’ha immobilizzata, è diventata una sorta di testimonial della vita oltre la sofferenza. Con gli occhi racconta il suo quotidiano attraverso un computer che le dà voce e che la collega con la famiglia, gli amici e l’associazione di cui è presidente.«Quando mi hanno diagnosticato la Sla nel 2006, ho avuto una terribile paura. Ma mi sono detta fin da subito: devo continuare a vivere così come sono. E guai se qualcuno dovesse staccarmi dai macchinari che mi fanno respirare o togliermi il sondino che consente di nutrirmi». Ecco perché chiede che chi è in una condizione simile alla sua possa parlare. «È bene far conoscere la nostra voglia di vivere, ma anche ciò che fanno ogni giorno per noi i familiari che spesso sono lasciati soli. Sarà anche vero che i nostri amici sono gli apparecchi a cui il corpo è collegato. Però tutti devono sapere che abbiamo relazioni, che ci sono persone care che vengono a trovarci, che abbiamo contatti con il mondo esterno».Ad esempio Maria Luisa – che ha 65 anni, abita ad Arezzo ed è stata dipendente della Asl – guida la sezione locale dell’Aisla, l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. E grazie al suo impegno è giunta la convenzione fra il sodalizio e la direzione generale dell’azienda sanitaria per la presa in carico dei pazienti affetti da Sla che ha fatto di Arezzo una sorta di laboratorio pilota per «la vicinanza della sanità pubblica a noi malati e alle famiglie», racconta la donna.L’itinerario per siglare l’accordo è cominciato nell’agosto 2009 quando Maria Luisa ha chiesto un colloquio col direttore generale della Asl, Enrico Desideri. «Fin da subito – precisa la signora – il direttore generale si è impegnato a venirci incontro e nell’arco di poche settimane ha convocato un tavolo di lavoro composto da medici e operatori per definire la proposta con particolare attenzione ai servizi socio-sanitari domiciliari». Poi la donna aggiunge: «Quello a cui tengo è far comprendere che si può andare avanti con fiducia. E che siamo felici. La gioia viene dalle persone che ci circondano, che si riferiscono quanto avviene fuori delle mura della nostra casa e che si donano allegria».Accanto a Maria Luisa c’è sempre il marito, Aldo Conti. «Mia moglie – afferma – ha dato tanto per gli altri: prima che si ammalasse, ha fondato anche due cooperative, Il sorriso e Il focolare, per aiutare tra l’altro gli anziani e chi vive solo». Quindi la scoperta della patologia. «Con la mano sinistra – riferisce la signora – non riuscivo più a prendere alcun oggetto e non capivo la ragione. Dopo varie visite, i medici mi hanno detto della Sla. Non la conoscevo e, una volta compreso tutto, ho avuto il panico». Pensando al rischio di una depressione, ha voluto che i malati aretini siano seguiti anche da una psicologa. E c’è riuscita. Infatti oggi i malati della zona possono contare sulla dottoressa Michela Pallanti per qualsiasi esigenza.Maria Luisa descrive anche il suo impegno con l’Aisla. «Ho iniziato facendo incontri di mutuo aiuto a persone colpite dalla Sla. Il gruppo si riunisce una volta al mese all’ospedale San Donato di Arezzo dove ci hanno preservato una sede. Poi ho dato la mia disponibilità ad essere presidente quando mi è stato chiesto».Fondamentale per la famiglia è anche il contributo della Regione Toscana che permette di avere accanto due persone assunte regolarmente. In un cd Maria Luisa ha ripercorso la sua storia. «Informare è essenziale», ripete. «Tutti devono sapere che i malati di Sla – sottolinea Aldo – sono persone con occhi e mente puri». Certo non mancano le difficoltà sia per il paziente, sia per i familiari. «Talvolta non riusciamo a comprendere perché sia questo sia toccato a noi», precisa il marito. Domande che in Maria Luisa hanno trovato un sostegno nella fede. «Prego molto. So che il buon Dio veglia su di me e mi dà tanta forza. Infatti da sola non ce la farei». di Giacomo Gambassi