Italia
Testamento biologico, così Firenze rincorre Pisa nella «fuga in avanti»
di Riccardo Bigi
Per capire cosa è successo a Firenze, con l’approvazione dell’istituzione di un registro comunale del testamento biologico, bisogna partire da Pisa. Qui un provvedimento analogo fu approvato in primavera e, dal primo luglio, i cittadini possono scaricare da internet un modulo per compilare il proprio testamento (clicca qui). Modulo che si riduce a una semplice paginetta, dove c’è lo spazio per inserire le proprie generalità e poi una dichiarazione di tre righe: «In caso di malattia o lesione traumatica cerebrale invalidante e irreversibile chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno (alimentazione e idratazione forzata)».
In Consiglio comunale chi ha sostenuto la delibera (molti esponenti del Pd, insieme agli altri partiti di sinistra) ha cercato di farla passare come semplice «atto amministrativo». In realtà si tratta di un testo tutt’altro che «neutro». A partire già dal nome, «testamento biologico»: un termine che evoca un potere «dispositivo» della volontà, tanto è vero che nella legge nazionale si preferisce usare l’espressione, diversa e non equivalente, «dichiarazioni anticipate di trattamento». Così come il fatto che alimentazione e idratazione artificiali possano essere definiti, come fa la delibera, «trattamenti terapeutici» (e di conseguenza possano essere rifiutati tramite dichiarazioni anticipate) è un’idea quanto meno controversa nella letteratura scientifica: e infatti il testo all’esame del Parlamento non contempla questa possibilità.
Il valore ideologico della delibera, insomma, appare abbastanza evidente: un’ennesima fuga in avanti per tentare di condizionare l’iter formativo della legge. Anche perché, altrimenti, che bisogno ci sarebbe di istituire un registro per qualcosa (il testamento biologico) che al momento per la legge italiana non esiste? Lo hanno sottolineato gli esponenti dell’opposizione di centrodestra, ma anche alcuni consiglieri del Pd (Fratini, Scino, De Crescenzo) che hanno votato contro.
Soprattutto, l’iniziativa appare un tentativo di forzare gli equilibri interni del centrosinistra, in una fase in cui il Partito Democratico cerca faticosamente di definire la propria identità. Col desiderio, evidentemente, di spostare l’ago della bilancia verso le istanze laiciste e libertarie che arrivano da sinistra, a scapito di quella tradizione del cattolicesimo democratico che pure ha parte importante nella fondazione del Pd. Se questo poteva essere un sospetto, la prova del nove ce la offre il comportamento di un consigliere comunale esperto e navigato come l’ex ministro Valdo Spini che, mentre nel dibattito cercava di convincere gli altri consiglieri del valore amministrativo, non ideologico, della delibera, contemporaneamente tramite il suo ufficio stampa diffondeva ai giornali questa dichiarazione: «L’approvazione, a Firenze, del registro sul testamento biologico è importante anche ai fini dello svolgimento del congresso del Partito Democratico. La maggioranza del partito ha deciso rispettando chi la pensa diversamente, ma non facendosi condizionare da queste posizioni». Il messaggio, e i suoi destinatari, ci sembrano fin troppo chiari.
Non usa mezzi termini Gabriele Toccafondi, parlamentare Pdl che già nella scorsa legislatura, come consigliere comunale a Firenze, si trovò a dibattere argomenti simili: «Questa delibera, tecnicamente parlando, è un obbrobrio». Toccafondi esprime «tristezza nel vedere che per l’ennesima volta si usano politicamente temi dolorosi e delicati come quelli del fine vita. Dopo la cittadinanza a Giuseppe Englaro, votata in piena campagna elettorale, adesso questa delibera che arriva a ridosso del congresso del Pd, proprio mentre il Parlamento si appresta a legiferare in materia». Gli obiettivi politici di questa manovra, secondo Toccafondi, sono chiari: «Influenzare il dibattito parlamentare, portare la discussione in una direzione ben precisa, far passare nell’opinione pubblica certe idee. Non ultimo, mettere in difficoltà un sindaco come Matteo Renzi, apertamente cattolico: il messaggio è rivolto anche a lui. Non è vero, come è stato detto, che il testo della delibera è neutrale: vengono affrontati aspetti complessi e controversi. Dispiace che qualche cattolico del centrosinistra si sia prestato a questa manovra senza capirne la portata».
In Consiglio regionale, intanto, l’Udc ha presentato una mozione che rileva l’incompetenza dei consigli comunali sull’argomento del fine vita e sollecita «le istituzioni locali ad astenersi da iniziative improprie e inutili». Marco Carraresi sottolinea le difficoltà, per il suo partito, a dialogare «con un Pd che assume atteggiamenti di rottura come quello manifestato a Firenze. Perché è del tutto evidente che questo atto è soltanto l’ennesima forzatura ideologica, con evidenti connotati laicisti anti-cattolici. Anche nel Pd vige ormai il pensiero unico, quello che considera l’aborto un diritto, la pillola abortiva un bel passo avanti, che plaude a Beppino Englaro e alla scelta di far morire di fame e di sete Eluana, quello che sulla fecondazione assistita vuol tornare alla sperimentazione sugli embrioni umani, quello che è a favore dell’equiparazione tra famiglia e coppie di fatto, anche omosessuali». Dietro l’entusiasmo manifestato per l’approvazione di questa delibera da gran parte del Pd e dalla sinistra, secondo Carraresi c’è «una malintesa idea dei diritti civili, di una libertà individuale slegata da ogni etica e responsabilità».
«Ancora un volta – prosegue la nota – la città di Firenze si trova ad essere ridotta a strumento di fughe ideologiche tese a condizionare il legislatore nazionale, senza alcun reale vantaggio per la città, offrendo nuovi pretesti di divisione, non rispettando la sensibilità di non pochi dei suoi cittadini». Nel comunicato anche un riferimento a ciò che è avvenuto durante il dibattito: «Spiace anche constatare che alcuni politici che si definiscono cattolici – va riconosciuto non tutti e di ciò c’è da rallegrarsi - non abbiamo percepito come in un caso come questo ricorressero quelle condizioni di coerenza con i valori fondamentali della visione antropologica illuminata dal Vangelo che richiedono ossequio all’insegnamento del Magistero».