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Terremoto L‘Aquila: convegno Fisc, come raccontare la calamità naturale

«Ci siamo trovati a raccontare una tragedia essendo noi stessi parte della tragedia», ha ricordato il cineoperatore Flavio Massari. E Angelo De Nicola de «Il Messaggero» ha ricordato la notte del sisma, quando si trovava con «una canottiera sulla testa rossa di sangue per una ferita, per scarpe dei guanti senza dita, addosso un giubbotto coperto di sangue». Anch‘egli ferito e terremotato, eppure consapevole di essere «giornalista, chiamato a trovare le notizie e raccontarle». Ma «come si racconta una catastrofe?», si è domandata Daniela Senapa, giornalista di Rai3, che seguì il sisma in Abruzzo. «Facendo la cronaca – ha risposto -, ascoltando la gente, chiedendo l‘aiuto che può venire da tutto il mondo». «E magari, spenti i microfoni, piangi un po‘ anche tu», ha aggiunto. Perché, anche se si è giornalisti, non si può «mai essere terzi rispetto ai problemi», ha rimarcato Vincenzo Morgante, direttore della Testata Giornalistica Regionale (Tgr) della Rai, sottolineando che «per svolgere questo mestiere uno degli ingredienti fondamentali è l‘umiltà».

Non bisogna dare per scontato, e men che meno deformare una notizia. Come quando un consiglio comunale convocato in zona rossa in segno di protesta venne «raccontato» da una testata giornalistica come «segno di festa per la riapertura del centro de L‘Aquila». «Il centro storico – ha ricordato De Nicola – era il motore sociale di questa città, ma soprattutto era il motore psicologico: L‘Aquila senza la sua acropoli, senza il centro storico può anche rinascere ma gli aquilani non saranno quelli di prima». Eppure «possiamo scrivere tutte le carte deontologiche, fare un testo deontologico unico, ma il problema di fondo permane la capacità del giornalista di essere autonomo», ha osservato Stefano Pallotta, presidente dell‘Ordine dei giornalisti dell‘Abruzzo, per il quale «è troppo facile parlare di schiena dritta se non c‘interroghiamo su chi detiene i mezzi d‘informazione oggi».

Un caso fra tanti, «‘Il Messaggero‘, che lo scorso anno celebrò l‘anniversario del terremoto facendosi vanto di essere l‘unica redazione ancora rimasta a L‘Aquila, tra 15 giorni – ha informato Pallotta – chiuderà la redazione e trasferirà tutto a Pescara. E poi? Chi resterà a raccontare L‘Aquila ‘da dentro‘?». Perché la comunicazione non si può fermare al momento dell‘emergenza, occorre «dare voce a chi è più debole dopo eventi simili», ha chiosato Stefano Trasatti, direttore di «Redattore Sociale». E «raccontarlo – ha concluso – è importante, ma va fatto con accortezza e professionalità, andando sul posto».