Eravamo lì in 116 (oltre il personale e gli altri ospiti dell’albergo) la notte del 24 agosto quando la prima tremenda scossa ci ha letteralmente buttati giù dal letto. La struttura però ha retto bene e tutti, sani e salvi, con solo tanto spavento e sgomento, ci siamo ritrovati a dover abbandonare il luogo per godere dell’ospitalità del vescovo di Macerata, che ha ospitato il gruppo nell’ex seminario. La gestione del difficile momento e dei giorni successivi ha cementato l’amicizia con i gestori dell’albergo (Robertino e Tiziana) ed il personale del loro staff. Già eravamo affascinati dal loro stile di accoglienza: l’emergenza ha trasformato l’amicizia in fratellanza. Abbiamo vissuto con loro una vera e sincera situazione di famiglia. Che questa fosse una bellissima modalità di lavorare insieme lo avevamo percepito subito e stamattina ne abbiamo avuto conferma quando Carmine, uno dei ragazzi dello staff, ci ha scritto: «Lì ho passato i 5 anni più belli della mia vita» ed Eleonora: «Era molto più di un posto di lavoro… Era la mia seconda casa, il posto dove ho alcuni tra i ricordi più belli… Non riesco a smettere di piangere!» e così tanti altri.Dopo il 24 agosto la struttura era stata subito riparata dai lievi danni e riattivata in pochi giorni. Poi chiusa per fine estate, in attesa di riaprire per la stagione sciistica.L’angoscia e l’apprensione si sono riacutizzate il 26 ottobre, quando la nuova scossa ha avuto l’epicentro proprio sotto il monte su cui sorge l’albergo. Le foto che sono giunte poco dopo, con l’ingresso della cappella e alcuni muri lesionati, hanno ripercosso nei nostri cuori le scosse telluriche, ma la speranza di vedere il tutto riparato e quindi di poterci tornare è rimasta viva.Quando la mattina di domenica 30 ottobre la scossa si è fatta sentire anche da noi ed il lampadario non smetteva mai di oscillare il pensiero è andato immediatamente là. L’unica consolazione era la certezze che non c’erano rischi per le persone, perché nessuno era fisicamente presente. Ieri sera, dopo che per tutto il giorno si sono susseguite le notizie e le immagini che ben conosciamo, è arrivata la foto della Domus Laetitiae crollata ed allora frenare le lacrime è stato difficile. Nessuna vittima: e questa è una grazia di Dio. Se quel crollo non fosse avvenuto alla terza botta, ma alla prima, molti di noi sarebbero rimasti sotto quelle macerie. Siamo tutti sani e salvi, anche il personale dell’albergo che però, di fatto, non esiste più, e ci chiediamo: «Cosa fare per questi fratelli che hanno visto letteralmente crollare il lavoro di una vita e le prospettive per il domani?»Pregare, non lasciarli soli e dar loro una mano concretamente. Che cosa? Lo decideremo insieme presto; sicuramente non staremo solo a guardare, piangere e lamentarci: non è nello stile che con loro abbiamo condiviso sempre, soprattutto in quella notte del 24 agosto.Elide e Giuseppe Cuminattoa nome del Centro di Pastorale Familiare e di tutti i partecipanti al «campo famiglie» dello scorso agosto.