Toscana

Terre da scavo Tav, duro dibattito in Consiglio regionale

«Per quanto riguarda il merito dei nostri pareri espressi sui materiali di scavo derivanti dal cantiere TAV a Firenze, i miei approfondimenti mi portano ad affermare con assoluta certezza la coerenza del giudizio di VIA espresso sia ad aprile 2012, quando l’ufficio era guidato dall’architetto Zita, sia ad ottobre quando l’ufficio era diretto dalla dottoressa Garvin. Nessun cambiamento di valutazione nella sostanza, nessun arretramento nelle posizioni già espresse: le uniche terre che si possono conferire a Cavriglia per la realizzazione delle colline nell’area Enel sono quelle che abbiano avuto una sistematica verifica di rispondenza alle caratteristiche previste per i terreni a destinazione residenziale, verde pubblico. E questo è stato riconfermato anche dopo che è intervenuto il Decreto Ministeriale 161 dell’agosto 2012, che ha mutato la natura giuridica dei materiali da rifiuti a sottoprodotti».

E’ quanto affermato dal presidente Enrico Rossi nel corso della sua lunga comunicazione sul tema in Consiglio regionale, che ha costituito anche la risposta a due interrogazioni presentate da consiglieri dell’opposizione. Sia che i materiali fossero da considerare rifiuti o sottoprodotti, ha proseguito il presidente, gli uffici regionali «hanno sempre tenuto ben fermo il principio che il materiale fosse soggetto ad un trattamento che avrebbe in ogni caso prodotto un identico materiale, compatibile con il massimo del rigore ambientale e con la destinazione dell’area in cui trasportarlo». In pratica in tutti gli atti della Regione il collocamento dei materiali per le colline di Cavriglia si sarebbe potuto fare solo nel rispetto dei parametri della cosiddetta colonna A.

«Solo in questi giorni abbiamo ricevuto il piano di utilizzo che Enel ha presentato e il Ministero ha approvato – ha annunciato il presidente – Da una consultazione che ho avuto con i tecnici sono emersi alcuni punti che non recepiscono in modo esauriente il nostro parere. Manca una esplicita fissazione – che invece la dottoressa Garvin aveva richiesto con lettera la Ministero Ambiente – dei limiti di concentrazione tensioattivi e dei glicoli. Questa fissazione dei parametri è ovviamente fondamentale per rendere efficaci e spediti i controlli sui materiali trattati da parte di Arpat. Inoltre il piano di utilizzo non chiarisce in maniera univoca – come noi invece chiediamo nelle prescrizioni regionali – che solo il materiale trattato compatibile con la tabella A possa essere collocata nelle colline. Faremo presenti questi punti per noi irrinunciabili e già sanciti nei nostri atti. In ogni caso sia chiaro: se l’opera partisse il nostro comportamento sarà coerente con il rispetto di questi punti».

Nel corso della comunicazione il presidente Rossi ha ribadito le ragioni già espresse dell’avvicendamento dell’architetto Fabio Zita, deciso in piena autonomia dal Direttore generale della presidenza Antonio Barretta a cui il presidente ha ribadito completa fiducia. «Quello che è certo – ha concluso il presidente – è che l’obiettivo perseguito dal DG Barretta e dalle strutture regionali, ARPAT compresa, è sempre stato quello di identificare la migliore soluzione ambientale applicando la normativa senza fare sconti a nessuno e nell’assoluto interesse pubblico. Non si spiegherebbe altrimenti che anche le delibere di Giunta n.901 e n.902 del 15 ottobre 2012 (quando non c’era già più l’architetto Zita) siano state impugnate da Itlafer con richiesta di risarcimento per 200 milioni di euro alla Regione Toscana».

Ma secondo il capogruppo del Pdl Alberto Magnolfi «la comunicazione di Rossi non chiude, anzi apre clamorosamente, il caso politico sulla vicenda Tav. È esplosa l’assoluta divergenza tra la posizione dell’Assessore Bramerini e quella del Presidente Rossi. Una coabitazione sui banchi della Giunta che oggi è apparsa imbarazzata anche nelle manifestazioni esteriori. Resta comunque non spiegata la coincidenza temporale tra le agitazioni affaristiche della “squadra” capitanata dalla Lorenzetti, tutta quanta targata PD, e la sottrazione delle deleghe all’Assessore competente, la stessa che ha continuato a difendere l’operato del dirigente “scomodo”, esso pure all’improvviso spostato ad altro incarico. Per Rossi – conclude Magnolfi – non è successo niente, come non era successo niente con le Asl di Massa e di Siena, con FidiToscana, con il caso Esprit, con la vicenda del Forteto tanto per citare i casi che più hanno turbato l’opinione pubblica toscana».

E per la portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale Stefania Fuscagni «la vicenda TAV sta tra due storie da approfondire e cioè la vicenda di Zita e il “filo rosso” di uomini e donne legate non solo al PD ma alla “gloriosa storia del PCI”, come la definisce la Lorenzetti. All’interno lo spettro, avviato con l’inchiesta del 2010, di rifiuti forse crocevia di interessi poco chiari, di lavori fatti con i piedi, di costi in impennata. Una storia brutta che sta tra il potere esercitato forse senza controllo e il sospetto di interessi e silenzi da verificare se molto privati e forse di una parte di un partito ed il tutto ai danni della Toscana oggi teatro di uno spettacolo politicamente deteriore che si pensa di liquidare dando la colpa ad un funzionario fannullone. Troppo semplicistico da credere – conclude Fuscagni – e, credo, addirittura imbarazzante anche da affermare».