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Terrasanta, l’illusione della forza

“La Santa Sede segue con grande apprensione e dolore gli episodi di crescente, cieca violenza, che insanguinano in questi giorni la Terra Santa. Il Santo Padre è vicino, in modo particolare con la preghiera, alle vittime innocenti, ai loro familiari e alle popolazioni di quella terra, ostaggio di quanti si illudono di poter risolvere i problemi sempre più drammatici della regione con la forza o in modo unilaterale”.

È la dichiarazione rilasciata dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, JOAQUÍN NAVARRO-VALLS, il 14 giugno, circa la crisi in Terra Santa. “La Santa Sede – ha aggiunto Navarro-Valls – invita la comunità internazionale ad attivare rapidamente i mezzi necessari per la doverosa assistenza umanitaria della popolazione palestinese, e si associa nel sollecitare i responsabili di entrambi i popoli perché sia anzitutto mostrato il dovuto rispetto per la vita umana, specie quella dei civili inermi e dei bambini, e sia ripresa con coraggio la via del negoziato, l’unica che può portare alla pace giusta e duratura a cui tutti aspirano”. Su queste parole abbiamo raccolto il commento di mons. FUAD TWAL, arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino di Gerusalemme.

Parole forti quelle del Pontefice…

“Ringrazio il Papa per la sua sensibilità verso la grave situazione che stiamo vivendo e per questo appello alla comunità internazionale. Anche noi siamo contrari a misure unilaterali da qualunque parte provengano poiché rivelano mancanza di dialogo ed egoismo”.

La Caritas di Gerusalemme ha denunciato una situazione insostenibile nei Territori palestinesi. Cosa si può fare?

“La crisi è drammatica e non rimane molto tempo. Ci sono alunni delle nostre scuole che non sono in grado di acquistare libri e penne e di pagare la retta scolastica perché i loro genitori da mesi non percepiscono lo stipendio. Fino ad oggi abbiamo ascoltato le voci di chi, a livello internazionale, sta cercando la maniera di fornire aiuti. E mentre costoro pensano, la popolazione cerca disperatamente di sopravvivere. Bisogna che le istituzioni internazionali, politiche e le Ong portino aiuti concreti”.

La crisi non è solo economica ma anche politica in seno alle fazioni palestinesi e nei rapporti con Israele. C’è ancora la possibilità di dialogo?

“Siamo sull’orlo della guerra civile. La violenza ha raggiunto vette inimmaginabili e riflette tutta la paura e il caos che nessuno riesce a controllare. Non c’è più rispetto per la giustizia, per la dignità della persona, uomo, donna o bambini. Siamo nell’anarchia totale. È giusto che il mondo si ribelli all’uccisione di civili inermi, ma l’indignazione deve esserci anche per tutte quelle persone che vivono la morte a piccole dosi senza che nessuno se ne accorga e dica qualcosa. Molti vengono a chiedere aiuto, altri invece hanno vergogna. Hanno sperato nell’aiuto internazionale, riponendo fiducia chi nei governi occidentali chi nel mondo musulmano scegliendo Hamas. Chiediamo a Dio che i leader politici abbiano la forza di gesti coraggiosi per costruire la fiducia reciproca e il dialogo e arrivare alla pace e alla serenità”.

Quale potrebbe essere un gesto coraggioso?

“Fare il primo passo. E tocca a Israele, al più forte, prendere l’iniziativa. Un primo passo potrebbe essere quello di riavviare dei negoziati con Mamhoud Abbas, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Abbas va aiutato a costruire istituzioni palestinesi, a riorganizzare l’esercito, la sicurezza, non deve essere lasciato solo. Riavviare contatti con Abbas può aiutare ad aprire canali anche con Hamas che in alcune recenti dichiarazioni politiche ha mostrato timide aperture. Bisogna avere e dare fiducia”.

Come vivono le comunità cristiane questi momenti difficili?

“Stretti tra ebrei e musulmani, i cristiani locali sono in grande difficoltà. Per questo auspico che le chiese di tutto il mondo si mobilitino per evitare una catastrofe. Non è più tempo di parlare bisogna agire. Serve una mobilitazione generale che parta dal Vangelo della Carità e dall’appello del Papa”.a cura di Daniele RocchiCARITAS GERUSALEMME, APPELLO PER EVITARE LA CATASTROFE UMANITARIA A GAZA E NEI TERRITORI OCCUPATI