(Gerusalemme) Nelle relazioni con l’Islam va sempre tenuta accesa la luce cristiana necessaria per fare fronte alle difficoltà anche se queste possono portare al martirio come accaduto a molti in Egitto e in Iraq. Nel giorno dedicato al dialogo con musulmani ed ebrei a parlare ai vescovi di Usa e Ue del Coordinamento delle Conferenze episcopali a favore della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea dei vescovi cattolici della Terra Santa (Hlc 2011), in questi giorni a Gerusalemme per la loro visita di solidarietà, è stato oggi il patriarca latino emerito, Michel Sabbah. Sono due i principi in base ai quali regoliamo i nostri rapporti ha detto al SIR Sabbah il primo è che ogni cristiano appartiene al suo popolo ed è responsabile della costruzione del suo Paese, in circostanze sia facili che difficili. Il secondo principio, religioso, stabilisce che ogni cristiano ha la vocazione a vivere nel proprio Paese, e ciò è ancor più vero qui in Terra Santa dove essere cristiani è una missione, un messaggio per tutti, sia agli arabi musulmani che agli ebrei israeliani. Siamo chiamati a mettere da parte le difficoltà accettandole come Croce per me e per chi mi perseguita. Per il patriarca si tratta di un punto di vista da applicare anche ai casi drammatici dell’Egitto e dell’Iraq: essere cristiano è una missione e le difficoltà che ne possono derivare sono una Croce da sostenere. Se arriva al martirio, come accaduto a Baghdad e ad Alessandria d’Egitto il cristiano offre la sua vita per la salvezza del suo massacratore. Abbiamo bisogno di credenti che possono far muovere le montagne come ha detto Gesù, credenti pronti a dare la vita fino al martirio. Tuttavia, ha riconosciuto il patriarca emerito, la situazione in Terra Santa è migliore che altrove anche se, ha rilevato, assistiamo ad una islamizzazione sociale dei Territori che è una risposta alla politica di Israele. Gli integralisti pensano che solo l’Islam può mettere fine i problemi e la confusione attuali. Nonostante ciò ha concluso – questo non limita la convivialità tra cristiani e musulmani i cui rapporti anche politici, con l’Autorità Palestinese, e religiosi, con il popolo, sono ottimi. Sono molteplici, infatti, i campi di collaborazione.Sir