Italia
Terra Santa, ripresi i pellegrinaggi, ma Betlemme resta fuori
Nazareth – Gerusalemme – Betlemme. Colazione. Partenza per Gerusalemme attraverso la Valle del Giordano. Arrivo e sistemazione in albergo e pranzo. Nel pomeriggio si prosegue per Betlemme. Visita del Campo dei pastori e della Basilica della Natività. Rientro a Gerusalemme per la cena e il pernottamento». È questo il programma tipo della quarta o quinta giornata degli attuali pellegrinaggi in Terra Santa, che, è vero, sono ripresi in numero abbastanza elevato rispetto allo zero dei mesi passati, ma non stanno aiutando in modo consistente Betlemme e nemmeno gli arabocristiani.
Nella città che ha visto nascere Gesù, i pellegrini si fermano un paio d’ore: non mangiano e non pernottano alla Casa Nova dei francescani e non hanno il tempo di acquistare i prodotti dell’artigianato palestinese, unica vera fonte di reddito delle famiglie di Betlemme. Solo i negozi più grandi riescono a «convincere» le guide a programmare una sosta. Ma non solo: le agenzie che stanno riorganizzando i pellegrinaggi a livello nazionale tendono a prenotare alberghi di non cristiani anche a Gerusalemme e a Nazareth. Eppure, i frequenti appelli degli ultimi tempi, anche dalla viva voce di Giovanni Paolo II, invitavano ad aiutare in particolare proprio i cristiani che vivono in Terra Santa in modo da fermare un lento ma costante esodo.
Lo chiamano «Il cantiere della speranza» perché in questi anni di paralisi totale delle attività è stato spesso l’unico rimasto in piedi, anche nei momenti più drammatici, a dar lavoro a una cinquantina di capifamiglia. L’opera, che sarà intitolata a Mariele Ventre e Giorgio La Pira, è il risultato di una autentica «cordata di solidarietà» partita dalle diocesi di Fiesole e di Montepulciano-Chiusi-Pienza, che ha coinvolto poi altri soggetti fra cui la Conferenza episcopale italiana, l’Antoniano di Bologna (che ha lanciato l’iniziativa «Un fiore per Betlemme» coinvolgendo anche il Segretariato sociale della Rai), la Provincia toscana dei Frati minori e Unicoop Firenze, che ha pagato l’attrezzatura scolastica.
E se è vero che tutto il progetto è dovuto anche al primario coinvolgimento della Cei tramite il responsabile dell’ufficio per gli aiuti al terzo mondo monsignor Piergiuseppe Vacchelli, anche il «piccolo» Casentino ci ha messo del suo: oltre ai proventi del libro dello storico Francesco Pasetto (quattromila euro tutti devoluti alla scuola materna), da due aziende di questa valle, la Spazio Arredo di Soci e la Tlf di Corsalone, tutto il materiale è stato ceduto a condizioni molto vantaggiose.
«Una delle caratteristiche di questa nostra azione sempre in cammino precisa infatti Angiolo Rossi, sindaco di Pratovecchio è che imbarca continuamente nuovi compagni di viaggio; grandi o piccoli soggetti ciascuno dei quali si lascia coinvolgere secondo le proprie possibilità e disponibilità». Non si tratta di semplice solidarietà, ma «di uno sforzo di rivitalizzazione completa per un’area ormai simile ad una riserva indiana, con prospettive future pressoché inesistenti».
L’obiettivo è ora quello di tenere vive le relazioni sociali ed economiche, di far tornare al lavoro la gente del posto: «La comunità cristiana afferma il vescovo di Montepulciano Rodolfo Cetoloni sente vicina la Chiesa italiana in questo momento così difficile, ma ha perso dall’inizio dell’ultima intifada circa 2 mila componenti. Era tutta gente del ceto medio-alto di Betlemme e dei paesi limitrofi, costretta ad emigrare perché non riusciva a lavorare e a mantenere le proprie famiglie, un’umiliazione troppo grande per quella gente». Eppure, «la presenza dei cristiani in quell’area incalza il vescovo di Fiesole, Luciano Giovannetti è fondamentale per il dialogo fra le parti e per assicurare il delicato equilibrio di quella zona; inoltre la loro è tuttora una presenza molto dignitosa nonostante le condizioni di vita siano quasi impossibili».