Vita Chiesa

Terra Santa: Pizzaballa (patriarca), “chiamati a interrogarci su come essere un dono l’uno per l’altro”

Nell’omelia del 1 gennaio, il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, ha posto l’accento sulla “distanza tra la componente locale e quella universale”, vale a dire le “due anime” del Patriarcato latino di Gerusalemme.

Distanza che rischia “di ostacolare il nostro cammino ecclesiale” all’interno del Patriarcato latino di Gerusalemme. “ Vi è la tentazione da una parte di considerare la componente universale come ‘ospite’ e non come parte integrante della Chiesa. E dall’altra parte vi è la tendenza a considerare la componente locale come irrilevante, superata o, addirittura, in estinzione”. Per Pizzaballa “le due anime della Chiesa devono sostenersi l’un l’altra, entrambe necessarie, entrambe costitutive dell’identità e della storia della nostra Chiesa. Fanno parte del passato e lo saranno anche del futuro”.

Legata a questa distanza tra locali e stranieri è la barriera dettata dalle 4 identità nazionali del Patriarcato (Israele, Palestina, Giordania e Cipro). “Queste identità – ha spiegato il patriarca – sono spesso costruite contro, o in antitesi a. Difficile parlare di coesistenza di identità diverse in un contesto di conflitto come quello che si sta vivendo, in particolare tra Israele e Palestina e a Cipro. Questo fenomeno influisce anche nella vita della Chiesa”.

Ma come vi sono le identità nazionali, “vi è anche l’identità ecclesiale, che le supera. Non vi sono quattro chiese, ma una sola Chiesa, che ha al suo interno storie e identità differenti”. Legata a quest’ultima distinzione, vi è quella delle lingue che, ha rimarcato Pizzaballa, “sono il veicolo principale delle rispettive culture e identità. Una ricchezza incredibile, ma anche un ostacolo non minore per l’incontro e la condivisione. Difficile sapere in quale lingua parlare nei nostri incontri. Seppure non voluta, la lingua è oggettivamente una barriera all’incontro e alla condivisione”.

Denominatore comune di queste difficoltà è “l’individualismo. Come Chiesa, siamo invece chiamati a interrogarci su come essere un dono l’uno per l’altro; anziché chiederci cosa l’altro deve fare per me, chiediamoci come essere prossimo l’uno per l’altro”. La via per migliorare, ha concluso Pizzaballa, citando san Paolo, è “partire dalla nostra relazione con Cristo e non dalle nostre necessità, porre il nostro cuore nel cuore di Cristo, leggere la nostra realtà anche ecclesiale alla luce della Parola di Dio. Non si vive senza amore. Sarà questo il percorso che ci attende”.

Terra Santa: Pizzaballa (patriarca), “clericalismo fenomeno evidente nel nostro ambiente locale”

La distanza tra il clero e i laici, il divario evidente tra le generazioni, la distinzione tra ‘locali’ e ‘stranieri’ tipica della Chiesa di Gerusalemme, le identità nazionali, ben 4, della diocesi e le lingue: sono queste per il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, alcune barriere che “corrono il rischio di ostacolare il nostro cammino ecclesiale” all’interno del Patriarcato latino di Gerusalemme. Nel corso della celebrazione della Giornata della Pace, Pizzaballa, ha voluto riflettere sulla pace “da una prospettiva interna, ecclesiale, sulle barriere che a volte inconsapevolmente erigiamo al nostro interno, tra noi”. Parlando della distanza tra il clero e i laici, il Patriarca ha avvertito del rischio del clericalismo, un fenomeno “assai evidente nel nostro ambiente locale”.

“La collaborazione tra sacerdoti e laici viene spesso fraintesa e finisce per diventare: ‘fare semplicemente quello che vuole il sacerdote’. Ad ogni cambio di sacerdote, la vita della comunità spesso deve ricominciare da capo e prendere il modello e la misura del sacerdote di turno, quasi sempre assai diversa dal predecessore”. Per il patriarca è “difficile convincere ad avere i consigli parrocchiali e saper condividere idee e iniziative” così come “è difficile trovare laici formati, impegnati, desiderosi di portare un contributo positivo alla comunità”. Si tratta “di una barriera reale che ha bisogno di essere presa in considerazione, soprattutto pensando alla generazione futura, che vuole essere protagonista della vita della Chiesa, e non solo esecutrice di ordini e direttive”.