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Terra Santa: Patton, “imparare a seguire Gesù”

Il custode di Terra Santa ha celebrato questa sera, a Nazareth, la festa della Santa Famiglia

Padre Francesco Patton (Foto Cts)

“Il percorso di crescita di una famiglia è un vero e proprio pellegrinaggio che coinvolge tutti i suoi membri. In questo pellegrinaggio siamo guidati a scoprire che la nostra famiglia terrena è una scuola per imparare cosa significhi far parte della famiglia dei figli di Dio”. Lo ha ricordato il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, celebrando questa sera, a Nazareth, la festa della Santa Famiglia. Una liturgia che introduce quella di domani, sempre nella basilica dell’Annunciazione, di apertura dell’Anno Santo in Terra Santa, presieduta dal patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa.

Commentando il Vangelo di Luca che presenta Giuseppe, Maria e Gesù dodicenne che vanno, in pellegrinaggio, al tempio di Gerusalemme, come tutte le famiglie ebree praticanti del tempo, per obbedire alla legge del Signore, Patton ha spiegato che “l’esperienza della umana paternità e maternità portano a scoprire che i figli sono dono di Dio e vanno a Lui restituiti. Gesù, il Figlio di Dio incarnato, ci fa scoprire che il senso delle nostre famiglie è nell’educare a riscoprirsi figli di Dio ed ‘essere nelle cose del Padre’”. “Gesù – ha aggiunto – ci vuole condurre al Padre perché in questo modo anche noi facciamo l’esperienza di essere figli di Dio. È questo il senso della vita cristiana ed è questo anche il senso del Giubileo: imparare a seguire Gesù per imparare a diventare figli di Dio”.

Da qui l’esortazione a metterci in cammino “anche noi, con la nostra famiglia assieme alla Santa Famiglia di Nazareth, con Gesù e alla ricerca di Gesù, per imparare ad essere nelle cose del Padre e riscoprirci figli del Padre, tutti fratelli e sorelle, membri di una famiglia che ha l’orizzonte dell’umanità”. Padre Patton ha poi concluso l’omelia ricordando le parole pronunciate dal santo Papa Paolo VI 60 anni fa a Nazareth, in occasione del suo pellegrinaggio (5 gennaio 1964). “Parole che – ha sottolineato il custode – possono illuminare il contesto difficile di guerra e di odio in cui abbiamo trascorso questo ultimo anno: ‘Beati siamo noi, se formati alla dolcezza dei forti sappiamo rinunciare al potere funesto dell’odio e della vendetta e abbiamo la saggezza di preferire alla paura che ispirano le armi la generosità del perdono, l’alleanza nella libertà e nel lavoro, la conquista per mezzo della bontà e della pace… Beati siamo noi, se per il Regno di Dio sappiamo, nel tempo e oltre, perdonare e lottare, agire e servire, soffrire e amare… Non saremo delusi per l’eternità’”.