Vita Chiesa
Terra Santa: p. Francesco Patton, «il Medio Oriente ha bisogno di Resurrezione»
Quella di domenica 16 aprile sarà ricordata come la prima Pasqua celebrata dopo lo storico restauro dell’edicola del Santo Sepolcro, a Gerusalemme, che ha visto lavorare insieme la Chiesa greco-ortodossa, quella cattolica, con la Custodia di Terra Santa, e quella armena. Una Pasqua dallo spiccato sapore ecumenico vista anche la «felice concomitanza» delle date: quest’anno i cristiani celebreranno la Risurrezione di Cristo nello stesso giorno. Per vedere di nuovo i cristiani festeggiare la Pasqua tutti insieme bisognerà attendere il 2025.
«Siamo felici del restauro, che era molto urgente, compiuto in accordo e armonia. È stata l’occasione per un dialogo frequente tra le diverse comunità che gestiscono la basilica del Santo Sepolcro e un momento di crescita nelle relazioni amichevoli e fraterne. Dopo due secoli siamo riusciti a farlo», spiega padre Francesco Patton, alla prima Pasqua da Custode di Terra Santa, dopo la sua elezione il 20 maggio 2016. «E ritrovarsi uniti intorno al Sepolcro di Gesù – aggiunge – è ancora più significativo alla luce della Pasqua comune per le Chiese di Oriente e di Occidente».
Custode Patton, la prossima sarà una Pasqua «ecumenica» che sembra portatrice di altri frutti dopo quello del restauro. Il patriarca armeno Nourhan Manougian, nel suo discorso all’inaugurazione (il 22 marzo) della nuova edicola, ha proposto che a celebrare nel Sepolcro siano anche i luterani e gli anglicani. Come risponde a questa proposta?
«In quell’occasione la proposta è stata lanciata pubblicamente ma il patriarca ne aveva già parlato quest’anno in altri incontri con me e con il patriarca greco ortodosso Teofilo III. Noi tutti auspichiamo che il Santo Sepolcro sia un luogo condiviso di unità. Naturalmente con delle regole e termini ben chiariti in modo che sia un diritto d’uso disciplinato e che ciò non crei problemi di relazioni tra le Chiese. All’inaugurazione erano presenti come invitati anche i responsabili delle altre comunità religiose di Gerusalemme. Abbiamo una tradizione di dialogo e di incontro che s’incentra anche su messaggi, testi e dichiarazioni condivise su argomenti significativi per questa Terra. Sappiamo di essere una minoranza – tutti insieme i cristiani arrivano al 2% – per questo dobbiamo essere maggiormente uniti».
La Pasqua passa per la Passione di Cristo. In questo momento non si può non pensare al lungo Calvario di tantissime comunità cristiane in Medio Oriente. Per loro più che di Pasqua di Risurrezione si dovrebbe parlare di Pasqua di Passione. È d’accordo?
«La Via Crucis di questi nostri fratelli cristiani, purtroppo, ha ancora molte stazioni da percorrere. Vogliamo pregare che questa loro sofferenza possa sfociare in una qualche forma di Risurrezione. Il Medio Oriente ha bisogno di una Risurrezione, anche e soprattutto della presenza cristiana. Parlo, in particolare, dei Paesi attorno a noi, la Siria, l’Iraq dove il cristianesimo è nato. C’è bisogno di un’esperienza pasquale per questi fratelli che sono stati decimati e che, nonostante tutto, in questa loro Via Crucis, ci danno una testimonianza straordinaria di cosa significhi restare fedeli a Cristo. Hanno lasciato le loro terre, le loro case e ciò comporta anche un impoverimento culturale, religioso e di umanità».
Davanti a tanto male ha ancora senso parlare di sconfitta della morte e di speranza?
«Certo! E ha ancora più senso se ricordiamo il momento storico in cui la Risurrezione di Cristo è avvenuta. Gesù non è risorto in un contesto di pace, ma in un momento in cui un piccolo Paese, Israele, era occupato dalla superpotenza di turno, l’Impero Romano. Essa è avvenuta in un momento in cui, dopo pochi anni, questa terra ha visto una tragedia terribile: la distruzione di Gerusalemme dell’anno 70. La speranza cristiana è quella che sa andare oltre le tragedie del momento per vedere i segni dell’azione di Dio che prevale e prevarrà. La Risurrezione è quella che ci garantisce che il progetto di Dio arriva al suo fine in mezzo a situazioni che sembrano apparentemente negarlo e impedirlo. Gesù risorto ci ricorda che la morte è già vinta e tutti coloro che si schierano dalla parte della morte sono già sconfitti. Questa è la speranza cristiana».
Per la prossima Pasqua, vista anche la data comune, attendete moltissimi pellegrini e fedeli locali? Per questa ricorrenza Israele ha concesso ai cristiani dei Territori palestinesi circa 20mila permessi, della durata di 4 mesi (a partire dal 20 marzo) perché possano recarsi a Gerusalemme a pregare.
«È molto difficile stimare quanti fedeli locali potranno effettivamente venire a Gerusalemme in questo periodo. Oltre a loro aspettiamo un numero elevato di cristiani copti dall’Egitto, cristiani etiopi e poi tanti pellegrini da tutto il mondo».
I pellegrini stanno tornando dopo il calo degli anni scorsi?
«Sto notando in queste settimane che alle celebrazioni della Via Crucis del venerdì o alle veglie notturne tra il sabato e la domenica, partecipano tantissimi fedeli, e ci sono lunghe file al Sepolcro. Posso confermare una ripresa dei pellegrinaggi. Il trend è positivo e per Pasqua avremo il picco: il Sepolcro è il luogo della Pasqua».