Toscana

TERRA SANTA, MONS. TWAL: QUALSIASI OCCUPAZIONE È SEMPRE ODIATA E FA MALE A TUTTI

“Eventi tristi e penosi che non fanno che aggravare l’odio, il rifiuto ed il rancore verso l’altro”. Sono fatti “che non vogliamo e che non auguriamo a nessuno”. Sono le parole usate da mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, per commentare i recenti scontri in Terrasanta. A Genova, arrivato su invito dell’arcivescovo e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, il patriarca ha svolto ieri sera nella cattedrale di San Lorenzo, una relazione sulla situazione della Chiesa in Terra Santa dopo la visita di Benedetto XVI. “Dobbiamo seminare speranza e pace e compiere passi concreti di riconciliazione”, ha aggiunto mons. Twal, ma purtroppo “ci sono persone che perseguono obiettivi contrari e non hanno nessun senso di responsabilità”. “Come cristiani – ha concluso – facciamo di nuovo nostro l’appello di Gesù e del Santo Padre per un maggiore dialogo, per la riconciliazione ed evitiamo gesti stupidi che non aiutano nessuno”. Nella sua relazione, descrivendo la realtà dei cristiani nei territori del Patriarcato, mons. Twal ha spiegato che, “ai cristiani di Israele, in maggioranza arabi per lingua e cultura, è chiesto di essere ‘ponte’ tra due religioni, tra due civiltà, tra due culture, e tra due politiche”. “La pastorale – ha aggiunto – si coniuga insieme ad istanze che talvolta travalicano le stesse esigenze della fede, mescolate ad un complesso di sentimenti, tensioni, rabbie e desideri, dovute alla situazione del sentirsi con tutti gli altri arabi palestinesi degli ‘occupati’ da Israele”. In precedenza, aveva parlato delle “sfide del mondo ebraico” che, “se da una parte rappresenta il mondo delle nostre radici di fede, dall’altra, politicamente, rappresenta ‘l’occupante’”. “Qualsiasi occupazione – ha aggiunto – è sempre odiata e fa male all’occupante che perde il senso del rispetto e della dignità altrui, come fa male all’occupato aumentando il senso del rifiuto, del rancore e della resistenza”.In Palestina, invece, “i cattolici arabi sono alle prese con le sfide di un cristianesimo che talvolta viene interpretato dagli altri arabi palestinesi come posizione politica del disimpegno, come se i nostri cristiani impegnati sul fronte della giustizia, della pace, del dialogo, non prendessero posizione ‘contro il nemico’ occupante” perché “la teologia e la pastorale del perdono e della purificazione della memoria vengono facilmente interpretate come prassi del disimpegno”. I cristiani palestinesi, ha aggiunto mons. Twal, “subiscono le conseguenze della tragica situazione in cui versa tutta la Palestina, in particolare, la disoccupazione ingente”. “La situazione politica e la situazione di insicurezza generale – ha proseguito – fanno sì che i cattolici siano tentati di emigrare verso regioni del mondo più sicure, dal punto di vista occupazionale, professionale e religioso” e quindi “il problema dei cristiani in Palestina è quello della progressiva emorragia dovuta all’emigrazione”.Sir