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Terra Santa: mons. Lahham (Giordania),«lotta contro Isis ipocrisia gigantesca»

(dall’inviato Sir a Korazim) - «La lotta contro l’Isis è un’ipocrisia gigantesca. Lo Stato islamico non è caduto dal cielo»: a parlare al Sir è monsignor Maroun Elias Lahham, vicario patriarcale per la Giordania.

Da Korazim, sulle rive del lago di Tiberiade dove sta partecipando all’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), il vicario descrive lo Stato islamico (Isis) come «una pianta velenosa che molti hanno curato e fatto crescere e ora sta dando frutti cattivi. Una pianta che trova il suo alimento, tra le altre cose, nella cattiva formazione nelle famiglie musulmane, nei programmi scolastici che descrivono l’altro come Satana. A livello politico – aggiunge mons. Lahham – l’Isis è stato curato da molti Paesi vicini, e non, a noi. Affermare oggi di lottare contro lo Stato islamico è un’ipocrisia gigantesca». Intanto in Giordania vivono «nei campi di accoglienza organizzati dal Regno Hashemita circa due milioni e mezzo di siriani. Da qualche tempo – spiega il vicario – sono arrivati anche 8000 cattolici iracheni che vengono assistiti direttamente da Caritas Giordania grazie all’aiuto delle Caritas di tutto il mondo e in modo particolare dalla Chiesa italiana».

Ai primi di agosto i rifugiati cristiani in Giordania hanno ricevuto la visita del Segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. Da questa visita di solidarietà è nato un progetto di scolarizzazione finanziato interamente con i fondi dell’8×1000, per 1.400 studenti di ogni età. «Ora stiamo impostando un nuovo progetto per offrire borse di studio universitarie a studenti cristiani per consentire loro di terminare gli studi avviati nel loro Paese e poi interrotti per la guerra», spiega il vicario. «Si tratta di una sfida enorme sul piano materiale, umano e spirituale. La Giordania – dice mons. Lahham ripetendo parole di mons. Galantino pronunciate in occasione della visita ad Amman – è piccola con un cuore grande. Un Paese di circa 6 milioni e mezzo di abitanti che accoglie due milioni e mezzo di profughi. Impensabile in Europa». Per tutti questi profughi e le loro famiglie «emigrare in Europa o in Australia resterà un sogno. I Paesi europei non sono in grado di accoglierli prima di tre o quattro anni che sono duri da passare per loro e anche per la Chiesa che li assiste. La speranza è che in Iraq e Siria la situazione si stabilizzi cosi che possano fare rientro alle loro case».