Toscana

Terra santa, l’inferno di Nablus e Jenin

DI DANIELE ROCCHI

Continua l’assedio di Betlemme e della basilica della Natività. Nemmeno i negoziati portati avanti martedì tra le parti hanno sbloccato, finora, la situazione. Intanto sette palestinesi e tre monaci armeni in questi giorni hanno abbandonato la Basilica a causa delle estenuanti condizioni di vita all’interno. Sono state interrotte le linee telefoniche e per bocca del Custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli, i frati della Basilica sono tornati a chiedere luce ed acqua. Il problema del cibo poi aggrava la situazione: “accettare il cibo dall’esterno – afferma il Custode – significa esporsi al rischio di farsi aggredire”. Abbiamo fatto il punto con il vescovo di Nazareth, mons. Giacinto Boulos Marcuzzo.

Che notizie ha da Betlemme?

“Notizie dalla basilica non ce ne sono a causa dell’assedio che subisce. Quello che so di persona che non solo la Basilica è circondata ma tutta Betlemme ed anche Beit Jala, dove c’è il seminario del Patriarcato Latino. Nessuno può entrare o uscire. Salvo qualche eccezione dovuta a personale dell’Onu o ad emergenze considerate caso per caso. Sono in corso delle trattative per liberare la basilica dall’assedio”.

E dalle altre città dei Territori?

“Negli altri territori, come Ramallah, Nablus e Jenin la morsa si è allentata. I carri armati si sono ritirati ma restano intorno alla città e ne dominano gli ingressi e le uscite. All’interno delle città la gente può circolare e si scoprono tante tristi ‘sorprese'”.

Che genere di ‘sorprese’?

“Non sono in grado di dare cifre ma da quanto mi hanno riferito sacerdoti e religiosi, testimoni di episodi drammatici, ci sono stati dei casi su cui sarebbe opportuno aprire un’inchiesta. Sappiamo di persone che sono rimaste sconvolte da quello che hanno visto e che adesso soffrono di malattie psicologiche”.

Parla di attacchi alla popolazione civile?

“C’è stata una barbarie tremenda specie Jenin e Nablus. I soldati israeliani hanno detto che le strade erano strette e che sono stati obbligati a distruggere le case per passare e che avevano avvisato la gente di uscire. Chi non è uscito è rimasto sotto. Con il risultato che molti civili che non erano ricercati né armati oggi risultano dispersi”.

Una violenza che insanguina anche luoghi cari alla Cristianità…

“L’uso delle armi nei Luoghi Santi va contro la tradizione della Terra Santa e del Medio Oriente dove la sensibilità religiosa è molto alta nei fedeli delle tre religioni. E’ una profanazione totale di questi Luoghi che testimoniano l’amore di Dio per l’uomo e l’amore dell’uomo per il suo fratello”.

Ne risentirà il dialogo tra ebrei e cristiani? “Il dialogo ebraico cristiano non è in pericolo. Certo adesso si è un po’ raffreddato, ma resta aperto. So di incontri che sono stati rimandati a tempi migliori. Però il dialogo deve ritrovare una dimensione più vera”.

Che pace è possibile per la Terra Santa?

“Dinanzi a tale situazione la soluzione, adesso, non può venire dall’interno dei due popoli e nemmeno dalla diplomazia americana o europea, che pure potrebbe fare qualche cosa, o dall’Onu. C’è la speranza che la dimensione religiosa, tanto forte in questi popoli, possa aprire uno spiraglio di dialogo. Posso essere considrato un illuso nel dire questo ma a priori non si può escludere questa prospettiva. Restano comunque i rischi di strumentalizzazione politica della religione. La dimensione religiosa può aiutare a seminare un clima di fiducia utile anche alla soluzione politica”.

C’è futuro per i cristiani in Terra Santa?

“Si. Anche se siamo poco numerosi in Terra Santa. Ma cerchiamo sempre di parlare di pace e di giustizia fidando anche della voce della Chiesa universale rappresentata dal Papa. La nostra comunità, composta oltre che da arabi, anche da ebrei cristiani, soffre questa condizione. Anche i cristiani di qui sono vittime della violenza e tuttavia stanno portando il loro contributo alla pace favorendo il dialogo tra le parti. Si stanno inoltre attivando per portare aiuto concreto al resto della popolazione. Siamo più che mai convinti che tutta questa dimostrazione di forza non serve a niente, anzi sta distruggendo i semi del raccolto futuro della pace. Bisogna dare tempo al dialogo e al negoziato che ha bisogno anche di nervi, di pazienza, Senza derogare ai principi di giustizia e di pace”.

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