Italia
Terra santa, la paura non ha futuro
“La Custodia è una presenza radicata in Terra Santa, una presenza ponte, un incontro, a volte scontro, tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Qui noi francescani siamo una presenza storica e lungo i secoli abbiamo imparato anche a dialogare con gli altri cristiani. A livello interreligioso siamo una piccola realtà rispetto alle due grandi presenze: ebraica e islamica, ma è bello vedere come pur non facendo parte di queste culture, assumiamo alcuni aspetti delle loro tradizioni e riusciamo a comunicare qualche cosa della nostra”. A parlare è padre Pierbattista Pizzaballa, 39 anni, dal 15 maggio nuovo Custode di Terra Santa.
All’inizio del suo mandato ha in mente delle priorità?
“La formazione. Per il fatto di essere radicati in Terra Santa, da sempre facciamo parte del panorama, ma non possiamo correre il rischio di vivere di rendita: lo “status quo”, a volte, può diventare anche un modo di pensare. Credo sia necessario scuotere le nostre coscienze, nella formazione iniziale e permanente, perché in Terra Santa le cose cambiano e, di conseguenza, anche noi siamo chiamati a cambiare, pur rimanendo nel solco della tradizione”.
Cosa significa in concreto?
“La Terra Santa è una terra carica di passioni. La situazione ambientale obbliga a coinvolgersi nelle situazioni, ma questo comporta anche dei rischi, quando la passione diventa viscerale e ci si arrocca sulle proprie posizioni. Bisogna essere appassionati, ma non lasciarsi prendere dalle passioni, perché questo toglie la libertà nei confronti degli altri. Credo che conservare la libertà di amare tutti sia fondamentale oggi, soprattutto in Terra Santa”.
Tra gli impegni della Custodia ci sono l’accoglienza dei pellegrini e l’aiuto ai cristiani locali. Per questi sono state edificate delle abitazioni. Continuerete a costruire?
“Il problema delle case per i cristiani di Terra Santa è molto serio. Bisogna però fare attenzione a non trasformarci in un ministero delle infrastrutture. Per quante case si possa costruire non si riuscirà mai a risolvere il problema della sopravvivenza dei cristiani. Queste opere devono essere accompagnate da un’attività pastorale, di rafforzamento spirituale”.
Ma la costruzione delle case può evitare la fuga dei cristiani…
“Nei Territori l’emigrazione è un problema drammatico, mentre per i cristiani che vivono in Israele ci sono problemi di tipo diverso, tanto è vero che la Custodia per loro non costruisce case. I poveri non andranno mai via, rimarranno con noi, perché non hanno denaro per emigrare. Un problema grave è invece la diminuzione di una presenza cristiana qualificata perché chi ha possibilità economiche e una buona formazione preferisce emigrare, perché non vede prospettive per il futuro. La gente non ha solo bisogno di soldi, chiede speranza”.