Nonostante i lodevoli sforzi da parte di politici e di uomini di buona volontà per trovare una soluzione al conflitto in corso, tutti i tentativi volti a raggiungere la pace, sia da parte palestinese che israeliana, sono falliti. I nostri sogni di una riconciliazione in Terra Santa sembrano essere un’utopia. Il messaggio di Natale 2009 del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, presentato questa mattina a Gerusalemme, è un lungo elenco di sogni contraddetti dalla realtà. Tra questi il patriarca ha ricordato le sofferenze dei palestinesi, privi ancora di un proprio Stato, per l’occupazione, la difficile situazione economica, la distruzione di numerose abitazioni a Gerusalemme Est e per le divisioni politiche interne. Stessa situazione a Gaza che, un anno dopo la guerra, soffre ancora per il blocco economico, per la mancanza di libertà di movimento e per le conseguenze dell’inquinamento dell’acqua dolce e del mare che mina la salute dei suoi abitanti. Tra le preoccupazioni di Twal anche lo status finale di Gerusalemme ancora in discussione e i molti cambiamenti che, tendendo a fare di Gerusalemme una città esclusiva’, minacciano la sua vocazione ad essere città universale per tre religioni e due popoli. Dal canto loro, si legge nel testo, gli israeliani vivono in una grande paura che impedisce loro di prendere decisioni coraggiose per porre fine al conflitto. Il muro di separazione è l’espressione concreta di questa paura. Abbiamo sperato vivamente che si potesse realizzare il progettato scambio di prigionieri tra Israeliani e Palestinesi, fatto che avrebbe dato speranza ad entrambi i popoli. Siamo molto delusi che ciò non sia potuto accadere. Tuttavia, non mancano, per Twal, alcuni segni di speranza: il blocco parziale per la costruzione degli insediamenti e la rimozione di oltre cinquanta posti di blocco (checkpoints) israeliani in Cisgiordania che hanno decisamente migliorato la libertà di movimento per i Palestinesi e così pure la situazione economica. Inoltre i Palestinesi hanno espresso la loro crescente resistenza in modo non violento. È un segno positivo ed un passo nella giusta direzione. Grande segno di speranza è la generosità della comunità internazionale e il suo sostegno finanziario come si è visto dopo la guerra di Gaza.In questa direzione si collocano anche altri esempi, come la beatificazione di suor Marie Alphonsine, fondatrice della Congregazione delle Suore del Rosario, il massiccio afflusso di pellegrini, ben 2.700.000 secondo il Ministero Israeliano del Turismo, pari a quello dell’anno 2000, che rappresentò un record nella storia dei pellegrinaggi, la costruzione a Betlemme di una nuova clinica pediatrica, intitolata a Benedetto XVI, finanziata dalla Fondazione Giovanni Paolo II, dalla Chiesa cattolica e da altre istituzioni civili italiane, l’università di Madaba in Giordania, la costruzione a Gerusalemme di un complesso residenziale per 72 giovani coppie a Gerusalemme Est sino ad arrivare alla coraggiosa decisione di Benedetto XVI di cui Twal ha ricordato la fruttuosa visita dello scorso maggio – di convocare un Sinodo per il Medio Oriente (ottobre 2010) che per il patriarca ci darà l’opportunità di concentrarci nuovamente sulle grandi sfide che le Chiese in Medio Oriente si trovano ad affrontare. Il dono più grande che possiamo desiderare, più del denaro e della ricchezza concluso Twal – è quello della pace. È un desiderio comune a tutti gli abitanti di questo Paese, Israeliani e Palestinesi. La pace è un dono di Dio agli uomini di buona volontà. Dobbiamo guadagnarcelo.Sir