Cultura & Società
Telefono Azzurro: “Per 1 ragazzo su 3 chiedere aiuto significa vergogna”
In occasione della Giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza, a Roma è stata promossa una conferenza sul "Futuro dell’infanzia tra nuovi scenari e risposte concrete”. Durante la quale è stato presentato un report sulla salute mentale.
L’utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali non comporta solo una trasformazione nel modo di comunicare, ma anche un impatto sulla salute mentale di tutti compresi i giovanissimi. Lo evidenziano le richieste di aiuto arrivate alla “Linea di ascolto 1.96.96” che nel 2022 ha raccolto 1.459 segnalazioni relative a problemi di salute mentale (4 casi al giorno) e quelle gestite dal numero “Emergenza Infanzia 114” che, nel 2022, sono state ben 347.Ed è proprio per focalizzare l’attenzione sul benessere psicofisico dei ragazzi e per sensibilizzare l’opinione pubblica sui loro bisogni emergenti che, in occasione della Giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza, la Fondazione Sos il Telefono Azzurro Ets ha organizzato, a Roma, presso il Cnel, mercoledì 15 novembre, la conferenza “Il futuro dell’infanzia tra nuovi scenari e risposte concrete”.
Durante il convegno Telefono Azzurro ha presentato “E tu, stai bene con te?”, una guida che parla direttamente ai ragazzi e che risponde in maniera concreta ai dubbi rispetto al disagio che stanno vivendo. Un primo passo per uscire dalla solitudine e aiutare a rompere la barriera del silenzio. “Nell’ultimo anno abbiamo visto aumentare le richieste di aiuto legate alla salute mentale – ha spiegato Ernesto Caffo, presidente e fondatore di Telefono Azzurro -. La velocità trasformativa del digitale ha modificato radicalmente lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei ragazzi che si trovano a gestire, troppo spesso da soli, forme di difficoltà e di disagio, oltre ad essere esposti a moltissimi rischi”.
Ma come si sentono i ragazzi oggi? Hanno paura di parlare di salute mentale? E come percepiscono la sofferenza dei propri coetanei? A questi interrogativi si è cercato di rispondere attraverso l’indagine di Telefono Azzurro dedicata alla salute mentale dei giovani e realizzata con il supporto di BVA Doxa su 800 ragazzi tra i 12 e i 18 anni e presentata in occasione dell’evento. “Nelle ultime due settimane soltanto il 41% dei ragazzi si è sentito felice. Il 21% dei giovani ha dichiarato di sentirsi in ansia o preoccupato (20%), il 6% triste”, rivela l’indagine. “Ad 1 ragazzo su 2 – si legge nel report – il futuro appare come un qualcosa di davvero oscuro”.
Tra le principali sofferenze che gli adolescenti riscontrano tra i loro coetanei“vi è al primo posto la dipendenza da internet e dai social network (52%), seguita dalla mancanza di autostima (41%), dalle difficoltà relazionali con gli adulti (40%), ansia e attacchi di panico (30%). Soltanto il 2% ritiene che i propri coetanei non vivano situazioni di sofferenza”.Ma come aiutare i giovani che si trovano in una situazione di disagio psicologico? “Per il 61% potrebbe essere utile parlarne di più, perché spesso ci si vergogna e si ha paura di chiedere aiuto”. I giovani danno molto importanza alla sfera educativa rappresentata dalla famiglia e dalla scuola.“Per il 41% dei rispondenti sarebbe molto utile formare e insegnare ai genitori come essere vicino ai figli che stanno male, mentre il 39% auspica che a scuola si parli sempre di più di salute mentale”.Anche “essere seguiti da un professionista o da uno psicologo rappresenta una soluzione per il 39% degli intervistati, ma il 22% preferirebbe potersi raccontare in modo anonimo utilizzando ad esempio le chat. Intelligenza artificiale, chatbot e app di salute mentale sono ritenute facilmente accessibili per il 63% dei ragazzi oltre ad essere strumenti dove non ci si sente giudicati (62%), anche se il 58% teme di non sentirsi veramente ascoltato a causa della scarsa empatia”.
Anche se con la pandemia il tema del benessere mentale ha iniziato ad assumere un ruolo sempre più rilevante, “soltanto il 39% dei più giovani ne parla nella vita di tutti i giorni e il 40% fa ricerche in rete sul tema. La propria rete affettiva rimane il riferimento in caso di malessere psicologico. Il 74% dei ragazzi ritiene la famiglia un punto fermo, seguita da amici (38%), dallo psicologo (26%) e dalla scuola (11%)”.Invece, “chiedere aiuto a un esperto di salute mentale rappresenta ancora una vergogna per 1 ragazzo su 3, che teme di essere giudicato in modo negativo dalla società. Indifferenza, discriminazione, esclusione sociale e compassione sono per i giovani gli atteggiamenti più diffusi nella società nei confronti di persone con problemi di salute mentale”.
Anche gli eventi drammatici – come ad esempio la guerra in Medio Oriente – influenzano i sentimenti e il vissuto dei ragazzi:“Più di 1 giovane su 2 è rimasto impressionato di fronte alle notizie e alle immagini dolorose del conflitto, mentre il 35% ritiene di aver avuto una reazione all’inizio, ma ora si sente abituato”.Ma quali sentimenti genera la guerra? “Il 49% dei ragazzi sottolinea di provare molto spesso rabbia, il 59% tristezza, il 39% angoscia. 1 ragazzo su 5 molto spesso fa incubi sugli attacchi. L’empatia e la vicinanza alle popolazioni colpite sono sentimenti molto diffusi tra le giovani generazioni. Il 19% pensa alle vittime del conflitto ogni giorno, il 39% spesso e il 30% qualche volta”.
Dall’indagine di Telefono Azzurro emerge come “la grande solitudine di fronte alla crescita porti sempre più ragazzi a rifugiarsi nella rete per sperimentarsi dal punto di vista cognitivo, emotivo e relazionale. In media i ragazzi tra i 12 e i 18 anni passano almeno 3 ore al giorno sui social chattando. Il 92% degli intervistati è concorde sul fatto che i social media potrebbero causare dipendenza, ma il 58% degli users li sceglie per rilassarsi, il 54% per rimanere in contatto con amici e familiari, il 31% per combattere la solitudine e la noia e il 23% per fare nuove amicizie (23%)”. Alla domanda “come ti sentiresti senza l’utilizzo dei social” il 22% dei ragazzi ha risposto “ansioso” o “agitato”, l’11% “solo”, mentre il 23% si sentirebbe addirittura “perso”.
“Diventa fondamentale e prioritario non lasciare i più giovani da soli all’interno dei mondi digitali e dei social network colmando le lacune di reti familiari sempre più fragili. Il 77% dei ragazzi pensa che la scuola debba educare all’uso sicuro e responsabile dei social riconoscendone, accanto alla famiglia, l’importantissimo ruolo educativo. Non dobbiamo fermarci qui. L’obiettivo è quello di attivare forme di collaborazione e progetti comuni e trasversali capaci di tutelare e mettere al primo posto il benessere mentale di bambini e adolescenti”, ha concluso Caffo.