Toscana
Tariffe, se l’acqua non è uguale per tutti

Tutto ciò è confermato dal malcontento della popolazione per le bollette sempre più salate, per le modalità di gestione delle tariffe poco trasparenti e chiare, per le applicazioni di canoni, per le disparità tra zona e zona, per la mancanza di referenti informativi certi e capaci di dare risposte tempestive e risolutive.
Iniziamo dalle tariffe. Dal confronto tra i diversi Ato si notano forti differenze: un’utenza domestica che consuma 60 metri cubi annui spende circa 68 euro nei comuni dell’Ato 1 (Massa) e dell’Ato 3 (Firenze), più di 81 nell’Ato 6 (Grosseto e Siena), 88 nell’Ato 2 (Lucca), oltre 92 nell’Ato 5 (Livorno) e più di 115 nell’Ato 4 (Arezzo).
E le differenze proseguono, con criteri difformi, anche per le fasce di consumo più alte: e si va dai 428 euro di spesa per un’utenza domestica che consuma 350 metri cubi annui nei comuni montani della zona di Massa agli 820 euro nell’Ato 3 di Firenze. Con previsioni di forte aumento: in cinque anni l’Ato 1 prevede un incremento tariffario di circa il 37%, l’Ato 2 del 31, l’Ato 3 di circa il 25, del 36,6% per l’Ato 4 (dove nel decennio si prevede l’esatto raddoppio delle attuali tariffe), il 16,4% per l’Ato 5 e il 35,3% in più per le tariffe dell’Ato 6. Con quali criteri? Forse perché alcune zone prevedono maggiori investimenti? Non sembrerebbe, a leggere le tabelle degli investimenti dei singoli Ato: dove le cifre, ed anche le dimensioni delle perdite nella rete acquedottistica, non sembra correlata con i diversi livelli di investimento. Ad esempio l’Ato 5 che investe di meno (341 milioni di euro) e risulta aver minori perdite di rete (37%), e quindi meno costi, per quale ragione applica tariffe più alte?
Non solo. L’attuale sistema di tariffazione dei consumi idrici è fortemente penalizzante per le famiglie, ancor di più per le famiglie numerose. Con il sistema delle fasce infatti, facendo pagare di più, anche con aggravi molto forti, a chi «consuma di più», si finisce per applicare le tariffe di fascia più alta ai nuclei più numerosi. Mentre il single, a prescindere dal reddito, paga la sua acqua con la tariffa agevolata, il terzo figlio paga l’acqua che consuma a costi molto più alti. Un esempio: nell’Ato 2 una monoutenza paga circa 86 euro, mentre la bolletta di una famiglia di 4 persone sfiora i 475 euro. E così è anche in tutti gli altri territori, più o meno.
Vi è poi la questione relativa ai ruoli che svolgono o dovrebbero svolgere le Autorità di Ambito territoriale ottimale. Recentemente il presidente della giunta regionale Claudio Martini, sotto tiro per il gran numero di nomine e consulenze, ha ipotizzato di ridurre i «carrozzoni» assommando in un’unica autorità di ambito regionale i sei Ato nei quali oggi il territorio toscano è suddiviso. Probabilmente si tratta di un accentramento che porta con sé più rischi che vantaggi. Così si amplierebbero oltre misura, in un unico ente, le competenze su un settore delicato e assai complesso. Anche se non c’è dubbio che un ruolo di maggior coordinamento svolto direttamente dalla Regione, sarebbe quanto mai necessario.
Il problema reale è un altro: che sempre questi Ato sono enti che per l’esile struttura dipendono di fatto più agli interessi del soggetto gestore che dei cittadini e dei territori. Un esempio: l’Ato 3, quello più grande, ha un organico di 9 tra funzionari e dirigenti. La società che gestisce il servizio, Publiacqua, ha in organico 714 addetti. Il capitolo della gestione è un altro punto di grande importanza, sul quale proprio le carenze di controllo e di indirizzo da parte degli Ato si mostrano palesemente.
Il passaggio della gestione idrica dalla forma diretta da parte dei comuni a società specializzate, in altre parole il passaggio a una sorta di «privatizzazione» aveva una sua logica: attraverso le sinergie, un elevato know-how, una specializzazione, e ancor più attraverso un confronto di mercato e una concorrenza reale, sarebbe stato possibile offrire ai cittadini servizi migliori ed efficienti, costi contenuti, qualità più alta, consentendo investimenti sulla rete e sui servizi. Ma questo processo di privatizzazione è rimasto incompleto e per il momento non c’è possibilità di mercato e di concorrenza.
I portatori di famiglia, maltrattati e taglieggiati
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