Opinioni & Commenti
«Tagli» ai giornali, il problema è politico
DI CLAUDIO TURRINI
Dal 28 ottobre il «Giornale della Toscana» esce a sole 8 pagine, invece delle tradizionali 16. Una scelta dolorosa, ma necessaria, per cercare di andare avanti, nonostante il blocco dei conti correnti deciso dalla Procura fiorentina. I magistrati stanno indagando per truffa ai danni dello stato, 19 persone, tra cui il parlamentare del Pdl, Denis Verdini. Lo si accusa di aver messo in piedi una cooperativa fittizia per poter usufruire dei contributi, previsti dalla legge 250 del 1990 alle cooperative editrici. Una cifra che si aggira attorno ai 2,5 milioni di euro all’anno.
A rischio sono così 28 posti di lavoro, tra giornalisti e grafici, oltre che l’esistenza preziosa per la democrazia di un quotidiano d’informazione che dà voce in Toscana all’area politica di centrodestra. Ai colleghi del «Giornale della Toscana» va la nostra solidarietà, assieme all’auspicio che tutto si chiarisca al più presto e che la magistratura ritiri in fretta i provvedimenti cautelativi, che creano grosse difficoltà al loro lavoro.
«Questo è un giornale che in 13 anni ha dato tanti posti di lavoro ha dichiarato il direttore Riccardo Mazzoni e ora si trova sull’orlo della chiusura. Questa è la realtà, perché se ci viene congelato il finanziamento pubblico, il Giornale della Toscana sarà costretto alla chiusura». Non sappiamo se quei contributi statali fossero dovuti, secondo la legge 250, come sostengono l’editore e il direttore o illecitamente percepiti, come pensano i pm. Questo lo deve accertare un giudice. Ma quello stesso editore che vede a rischio il suo giornale se per colpa dell’inchiesta venissero meno i finanziamenti pubblici, dimentica di essere uno dei principali responsabili politici (visto il ruolo che ha nel Pdl) di quei tagli lineari al Fondo per l’editoria che il governo ha già ridotto al 90% per il 2011 e vuole quasi azzerare per il 2012. Come hanno scritto nell’appello a Napolitano i direttori di un centinaio di testate, tra le quali anche Toscana Oggi (Informazione amputata, la risposta di Napolitano), questo significherebbe «il rischio imminente di chiusura» per «un centinaio di giornali politici, cooperativi, non profit e di idee e la conseguente perdita del lavoro per svariate migliaia di giornalisti e poligrafici». Quei direttori sanno bene che il momento del Paese è difficile, che sacrifici sono necessari per tutti. E da tempo chiedono che si faccia un’«opera di bonifica per distinguere, sulla base di rigorosi criteri, i giornali veri dalle testate inventate a bella posta per lucrare sulle erogazioni pubbliche». Ma come è stato candidamente ammesso in un recente incontro al Senato da un autorevole parlamentare del Pdl, il problema non è di risorse. È tutto politico. A tutti i giornali vanno ogni anno 180 milioni di euro: briciole nel bilancio statale. Alla sessantina di settimanali diocesani appena 3,5 milioni. Poco meno di quanto ha preso ogni anno il solo «Giornale della Toscana». La Federazione italiana settimanali cattolici chiede da tempo «rigore ed equità». Si tolgano gli sprechi dove ci sono (vedi caso Lavitola), ma non si tagli a tutti nello stesso modo.
Finora i politici hanno fatto orecchi da mercante. Ascolteranno il richiamo di Napolitano?