Italia

Tablet e smartphone. Agesci e Acr per l’uso responsabile

In grande aumento l’uso di tablet e smartphone tra i più giovani, persino tra i bambini dagli 8 agli 11 anni. Una giungla nella quale raramente è possibile mettere un veto, soprattutto per genitori ed educatori, che dagli anni dei primi videogiochi collegati ai televisori e portatili, si trovano a far fronte a questa invasione nella vita dei ragazzi. Dati provenienti da Europa e Usa indicano che questi nuovi apparecchi hanno oramai soppiantato l’antica «baby sitter», la Tv alienante compagna di intere generazioni dalla fine degli anni ’70 ai 2000, che dalla sua aveva un telecomando sottraibile da parte di genitori di buon senso. Oggi invece ogni attimo è buono per toccare quell’ammaliante schermo portatile. Medici ed esperti allarmati dai dati che coinvolgono tutti i bambini e ragazzi dai 7 ai 17 anni, spingono affinché «genitori ed educatori inventino attività e giochi alternativi per staccarli dagli schermi». Ed è il mondo dell’associazionismo cattolico che oggi si pone la domanda su come organizzarsi rispetto all’invasione di questi mezzi. Ogni associazione ha la sua regolamentazione, un proprio metodo educativo e sono i principali rappresentanti degli Scout Agesci e di Azione Cattolica Ragazzi (Acr) a spiegare come hanno fatto finora e come faranno a gestire il «far west informatico».

Secondo il metodo Scout Agesci. «La sensazione è che i bambini tra i 7 e 11 anni usino tablet e smartphone più come gioco rispetto ai più grandi (13-17 anni) e non sempre è un male – spiega Francesco Silipo, incaricato nazionale alla branca Lupetti e Coccinelle (bambini 7-11 anni) -, per noi il problema nasce quando ci caliamo nello scouting puro. Lo scouting prevede un salto nell’ignoto, in una nuova frontiera mai esplorata e le rigidità che questi nuovi strumenti presentano impongono di viaggiare su un solo binario, non prevedono lo scarto di lato. Si pensi alle applicazioni dei tablet, hanno tutte uno schema che non permette di andare oltre. Per la branca degli scout Agesci, la curiosità è tutto e alla lunga probabilmente questi oggetti la affievolirebbero». E a proposito della comunicazione personale, aggiunge: «Come scout offriamo un approccio globale e soprattutto di comunione». Il metodo scout pone le sue basi sull’essenzialità spirituale e materiale, ma anche sull’autoeducazione «noi – prosegue – facciamo una proposta educativa, che non è imposizione. Sta al ragazzo accettare la sfida e buttarsi, spogliandosi del superfluo, sintetizzando con le parole del fondatore Baden Powell ‘Guida la tua canoa’, perché su essa noi possiamo decidere in che direzione remare, su internet a volte i passaggi sono obbligati». Ma non è intenzione del capo Agesci demonizzare smartphone e tablet, bensì farne un uso diverso «per i bambini è una stanza di gioco, ma non deve essere l’unica e va supervisionata dall’adulto. Bisogna accompagnare il ragazzo e non lasciarlo in balia della corrente».

Secondo le linee guida dell’Acr. Di uso critico delle nuove tecnologie portatili si parla anche nell’Azione cattolica ragazzi (Acr) «È necessaria una sorveglianza critica – afferma Anna Teresa Borrelli responsabile nazionale -, per l’Acr non è una strumentazione negativa, talvolta può essere convertita in qualcosa di positivo, l’importante è farne un buon uso». «Bandire tablet e smartphone ai bambini e ragazzi tra i 7 e 17 anni, sarebbe come aggirare l’ostacolo. Solo nei casi estremi, come durante le preghiere, chiediamo di evitarne l’uso». Ma in Acr la tecnologia può essere anche di sostegno alle attività. «Spesso – commenta la responsabile – ci capita di integrare alcuni nostri momenti comunitari con le tecnologie, così da imparare ad usare in maniera critica i mezzi informatici». Per l’associazione poi c’è una stretta collaborazione con genitori e famiglie, «alle quali si chiedono regole e rispetto degli orari. A mio parere sotto una certa età i bambini non dovrebbero possedere oggetti del genere e comunque, in caso contrario, è necessario l’uso responsabile». Scout Agesci e Azione Cattolica, come si vede sono due mondi diversi ma che puntano tutti alla responsabilità e alla vita in comunione. Probabilmente la paura di medici ed esperti può essere dissipata, finché realtà associative e aggregative sapranno donare una valida alternativa a social network e videogame.