Lucca
“Svegliare l’aurora”, presentato il Rapporto povertà e risorse nella Diocesi di Lucca 2021
L’obiettivo del Rapporto, come ogni anno, è duplice: da una parte fornire informazioni sui meccanismi di impoverimento alle Istituzioni e a tutta la comunità, dall’altra attivare tutti i soggetti nella costruzione di strategie di contrasto sempre più efficaci, anche attraverso la mobilitazione del potenziale civico presente sul territorio.
Venendo ai dati di “Svegliare l’aurora” il numero delle persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto della Caritas è di 2.033 in crescita sensibile (+7%) rispetto al 2019.
Tuttavia, ed è questo il dato interessante, ancor più che negli anni passati un numero considerevole di soggetti ha portato ai Centri di Ascolto non solo la propria richiesta individuale di aiuto, ma anche quella dei propri cari: il 49% delle persone incontrate vive in un contesto familiare.
Considerando la distribuzione per età delle persone ascoltate, nel 62,7% dei casi ha un’età compresa tra 25 e 54 anni: parlare di famiglia in questa fascia anagrafica significa fare riferimento a contesti in cui sono presenti figli minori. Esiste inoltre un forte collegamento tra l’aumento del numero dei figli presenti in famiglia e l’esposizione a forme di povertà, anche molto severe. Coerentemente con quanto comincia a registrare anche dai principali istituti statistici, la pandemia ha contribuito ad aggravare il fenomeno della povertà materiale e educativa dei minori. Si tratta di ragazzi che sono stati deprivati anche delle risorse derivanti dalla scuola e dalla socializzazione nel gruppo dei pari. Tra coloro che riferiscono di avere figli minorenni conviventi (883 su 2033): il 28,3% ha due figli e il 38,4% ha tre o più figli.
Guardando poi l’insieme delle persone accolte dal punto di vista della cittadinanza la metà di chi richiede aiuto è italiano, l’altra metà è straniero. Inoltre, sul totale, quasi il 50% delle persone che bussano ai Centri di Ascolto sono uomini. Dunque sono ormai lontani i tempi in cui i Centri di Ascolto ricevevano soprattutto donne e migranti.
Coloro che hanno varcato la soglia per la prima volta nell’ultimo anno sono stati 583 (il 30,7% del totale): e questo è il numero che denota l’impatto della crisi economica e sociale causata dalla pandemia. Si tratta di persone che non avevano mai sperimentato la povertà prima e che vivevano questa nuova condizione con profonda angoscia e smarrimento. A questi, devono essere aggiunte le situazioni delle persone già seguite nei tre anni precedenti (322, pari al 16,9%) e un numero considerevole di persone conosciute in passato e incontrate nuovamente a causa del peggioramento dello scenario lavorativo in seguito alla pandemia. La situazione di emergenza sanitaria ha permesso anche di entrare in contatto con nuovi gruppi di persone interessate da difficoltà economiche, come nel caso dei giostrai e dei lavoratori dello spettacolo itinerante. In alcune aree del territorio della Diocesi è stato possibile intercettare e ascoltare il disagio passato e presente di persone coinvolte nel mercato della prostituzione.
Per quanto riguarda la rete di aiuto formale pubblica, la metà dei cittadini italiani che si sono rivolti ai Centri di ascolto è inserita anche all’interno di progetti di sostegno gestiti dalla rete dei Servizi Sociali Territoriali. Il dato scende al 40% se guardiamo ai cittadini stranieri e ai loro nuclei familiari.
Tra i problemi rilevati maggiormente da chi si rivolge alla Caritas c’è quello del lavoro. Questo aspetto, per altro, non costituisce una novità dell’ultimo anno. Lo scenario si è però ulteriormente aggravato, soprattutto per coloro che non hanno potuto beneficiare degli ammortizzatori sociali, delle misure di emergenza attivate dal governo attraverso i vari Dpcm, oppure nei casi in cui queste misure si sono rivelate eccessivamente saltuarie e non in grado di far fronte alla reale situazione di disagio. In generale: il 55,7% delle persone dichiara di essere disoccupata e il 23,5% riferisce di avere un lavoro da cui ricava una retribuzione insufficiente a soddisfare i bisogni fondamentali del proprio nucleo familiare. Questa situazione di grave carenza di entrate monetarie a volte è associata a un alloggio precario o di fortuna. Nel caso di nuclei familiari con figli appare quasi esclusivo il ricorso alla casa in locazione, il che comporta una significativa uscita di denaro dal reddito disponibile.
Il permanere per lungo tempo in una situazione di incertezza lavorativa, il basso reddito e le consistenti spese per la casa in alcuni casi ha aperto la strada a percorsi di indebitamento, oppure alla necessità di ricorrere in maniera continuativa a forme di aiuto da parte dei servizi pubblici e di altre realtà dedite al contrasto della povertà, come la Caritas. Il lockdown, con l’interruzione di molte attività economiche, ha reso ancora più difficile trovare occupazioni stagionali o part time, anche di lavoro sommerso, ai quali ricorrevano alcune persone accompagnate dai progetti promossi dai Centri di Ascolto, determinando così un ulteriore fragilità economica. Infine, anche l’approfondimento qualitativo, che raccoglie da un lato il punto di vista di testimoni privilegiati sui territori (pediatri, insegnanti, parroci, commercianti, farmacisti, operatori di agenzie funebri) e dall’altro quello delle molte realtà della Consulta degli Organismi socio-assistenziali della Diocesi di Lucca, conferma che per molti l’emergenza sanitaria e i problemi sul fronte lavorativo sono iniziati per la priva volta in seguito alla pandemia.
Tante sono le storie raccolte di persone che in periodo pre-pandemico svolgevano regolare attività libero professionale, oppure avevano contratti a termine o stagionali che permettevano un reddito sufficiente a raggiungere una qualità di vita dignitosa. Questi nuclei familiari, che non disponevano di risparmi per far fronte a situazioni di emergenza, si sono trovati improvvisamente a sperimentare la deprivazione materiale e ad accumulare debiti. Uno dei più importanti impegni per il lavoro sociale nell’immediato futuro è rappresentato proprio dal tentativo di emancipare questi nuovi poveri, gli “appena poveri”, dal circuito della deprivazione, prima che questo logori le loro possibilità residue di reinserimento sociale e lavorativo e ne comprometta la capacità di nutrire aspirazioni per ottenere una vita futura migliore per sé e per i propri figli. Già in seguito alla crisi del 2008 i Centri di Ascolto avevano registrato un aumento significativo del numero di accessi. Alcuni di questi nuovi arrivi si sono allontanati definitivamente dai Centri di Ascolto nell’arco di pochi anni, mentre altri, purtroppo, sono rimasti nella trappola della povertà e ancora oggi sono costretti, loro malgrado, come ci dicono i dati, a ricorrere alla rete di aiuto Caritas.
Comunità, partecipazione e visione di lungo periodo, sono gli ingredienti che la Diocesi, attraverso Caritas, reputa irrinunciabili per lavorare in modo generativo sul welfare di domani.