Opinioni & Commenti
Sussidiarietà, rendere dal basso le città più vivibili
di Omar Ottonelli
Anche quest’anno, nel decennale dalla sua istituzione, la «Fondazione per la sussidiarietà» non ha mancato di fornire all’opinione pubblica i risultati del suo Rapporto annuale, il sesto, recentemente presentato in Senato alla presenza del presidente Schifani.
Analogamente ai precedenti documenti, anche quello appena diffuso esamina il tema della sussidiarietà secondo una specifica prospettiva d’indagine e, come il titolo del Rapporto suggerisce («Sussidiarietà e città abitabile»), quest’anno esso ha che fare con l’abitabilità degli spazi urbani. Scopo del lavoro, condotto in collaborazione con il Politecnico di Milano, è stato infatti quello di misurare la diffusione e l’efficacia, nelle grandi città italiane, di quelle soluzioni «dal basso» che mirano a intercettare e soddisfare i bisogni di persone e famiglie.
La ricognizione ha interessato i dodici principali nodi urbani italiani (si tratta delle città con almeno 250 mila abitanti) e si è sviluppata attraverso l’analisi di quattro ambiti specifici: casa, ambiente, mobilità, tempo libero. Quello che emerge è un ritratto preoccupante della qualità della vita nelle nostre aree metropolitane, dove una crescente pluralità di bisogni resta drammaticamente insoddisfatta. Se Palermo e Napoli sono bocciate su tutti i fronti, non mancano, per fortuna, le note di merito, come quella che i fiorentini riconoscono alla propria città: Firenze risulta infatti la città più vivibile fra quelle osservate, la sola promossa a pieni voti su tutti i quattro fronti considerati. Si tratta di un traguardo che di fatto dà la misura del buon grado di integrazione fra enti pubblici e corpi intermedi (terzo settore su tutti); una prerogativa di Firenze e ci permettiamo di aggiungere della Toscana tutta.
A fronte delle tante emergenze, il Rapporto conferma l’efficacia di iniziative ispirate dal principio di sussidiarietà, felicemente intuito da Pio XI fin dalla Quadragesimo anno (1931): nel quadro di una «graduatoria» fra enti sociali che vada dalla singola persona fino alle istituzioni sovranazionali, esso raccomanda di assegnare ogni funzione sociale alla responsabilità dell’ente «inferiore», qualora esso sia in grado di assumerla in autonomia; agli enti «superiori», piuttosto che la gestione diretta, spetterebbero dunque solo più defilati compiti di assistenza ed incoraggiamento (subsidium). Stando infatti alle risultanze del Rapporto, le iniziative sussidiarie e decentralizzate sembrano quelle in grado di fornire le risposte più innovative e immediate ai problemi connessi alla vita urbana; ciò per almeno tre motivi: esse riescono ad offrire servizi mirati e di qualità, sviluppano circoli virtuosi tra capitale sociale e quadro istituzionale e, coinvolgendo una pluralità di attori, assicurano il maggior grado di soddisfazione ai fruitori dei servizi. A far eco al Rapporto, lo stesso presidente Schifani, che ha indicato la sussidiarietà come fattore di sviluppo e leva d’azione per rendere più vivibili e a misura di cittadino le nostre grandi città.
Non resta dunque che condividere gli ideali promossi dalla stessa «Fondazione per la sussidiarietà»; possa insomma questo principio, anima di quelle innovative politiche di welfare-mix ancora avvertite come timide avanguardie in molti settori della vita sociale, sempre più affermarsi come vero e proprio modello ispiratore del nostro stato sociale, soprattutto a quel livello «micro» più strettamente vicino ai bisogni delle persone.