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SUDAN: PROTOCOLLO D’INTESA PER LA PACE

Un giudizio positivo ma anche alcune riserve sono state espresse dalle associazioni aderenti alla “Campagna Italiana per la Pace e il Rispetto dei Diritti Umani in Sudan”, Acli, Amani, Arci, Caritas Italiana, Cespi, Cuore Amico, Mani Tese, Missionari Comboniani, Nigrizia, Pax Christi, Raggio, sul protocollo di intesa siglato il 20 luglio dal Governo del Sudan e dall’Esercito di liberazione popolare sudanese (Spla), in lotta dal 1983, grazie alla mediazione del generale keniota Lazaro Sumbeiywo e sotto la supervisione degli Usa, fortemente interessati alla stabilità della regione per motivi economici e militari, della Gran Bretagna, dell’Italia e della Norvegia.L’accordo prevede un periodo iniziale di sei mesi, con un governo di emergenza, cui seguirà un periodo di transizione di sei anni con due Parlamenti, uno nel Nord e uno nel Sud del Paese. A conclusione della fase di transizione, i sud-sudanesi saranno chiamati a scegliere tra l’unità o la secessione del paese attraverso un referendum condotto sotto monitoraggio internazionale. “L’accordo – affermano le associazioni – affronta le questioni dell’autodeterminazione della popolazione del Sud Sudan e la separazione tra stato e religione. Il principio di autodeterminazione potrà essere esercitato dalle popolazioni delle regioni del Sud del Paese con il referendum, mentre per il rapporto tra stato e religione, la ‘sharia’, la legge coranica in vigore, potrà essere applicata dai due Parlamenti ‘regionali’ solo all’interno del proprio territorio. Ciò significa che il Nord, a maggioranza musulmana, non potrà introdurla nella legislazione del Sud, a tradizione cristiana e animista”. Tuttavia le associazioni esprimono anche alcune riserve: “il recente accordo non prevede il cessate-il-fuoco tra le parti in lotta e la questione dell’accesso umanitario. Sono numerose infatti le zone del paese nelle quali il governo di Khartoum pone il veto ai voli umanitari”. “La ripresa dei negoziati, fissata per il 12 agosto, – concludono le associazioni – costituirà un momento cruciale per la definizione di alcuni passaggi determinanti per l’applicazione dell’accordo, quali il cessate-il-fuoco”. Parere positivo al protocollo è venuto anche dal vescovo di Rumbeck (Sudan), mons. Cesare Mazzolari che all’agenzia missionaria Misna ha espresso preoccupazione per le sorti della popolazione stremata da venti anni di conflitto. “Diamo il cibo a chi ha fame – ha detto – e non allunghiamo i tempi di un accordo vero”. Il Sudan è il Paese più vasto dell’Africa, abitato da 28 milioni di persone, suddivise in 600 gruppi etnici che parlano oltre 100 lingue diverse. Il 30% della popolazione è cristiana o animista, la restante, situata nel Nord del Paese, è musulmana.Sir