Toscana

SUD SUDAN: GRAZIANO (CARITAS ITALIANA), GIORNO DI FESTA MA ANCHE DI INCERTEZZE

(Dall’inviata SIR a Dakar) – “Oggi è un giorno di festa e liberazione per i cattolici del Sud Sudan ma anche di preoccupazione per i cristiani e musulmani sudisti che vivono al nord e le organizzazioni della società civile critiche con il governo di Omar al Bashir. In tre mesi c’è già stato un esodo verso sud di 150.000 cristiani che vivevano al nord”. Così Anna Maria Graziano, operatrice di Caritas italiana che ha lavorato per due anni a Kosti, in Sud Sudan, commenta oggi al SIR – a margine del Forum sociale mondiale in corso a Dakar – la notizia che il presidente sudanese Omar al Bashir ha ufficialmente preso atto della decisione degli abitanti del Sud di separarsi dal Nord e costituire una nuova nazione. La percentuale dei sì all’autosovranità – sulla base del referendum del 9-15 gennaio scorso – è stata del 98,83% su quattro milioni di votanti (sono 10 milioni gli abitanti del Sud). Il referendum è l’atto finale dell’accordo di pace del 2005 tra il Nord, forte militarmente e a maggioranza musulmana e araba, ed un Sud più indifeso e meno strutturato, abitato da una popolazione nera, di religione cristiana e animista. L’accordo ha messo fine a 50 anni di guerra, che ha causato due milioni di morti. L’indipendenza verrà proclamata il 9 giugno. “Per il popolo del Sud – afferma Graziano – questo risultato è una liberazione da 50 anni di grandi sofferenze, violenze ed emarginazione”. “Il vero motivo della guerra – precisa l’operatrice Caritas – non era religioso, ma di tipo politico ed etnico: il nord ha sempre centralizzato il potere e le risorse, il Sud è stato sfruttato e discriminato”. I cattolici del Sudan, in particolare, “oggi sono molto contenti perché si sentono più liberi”. Ma le incognite che si aprono in questo periodo di transizione sono molte: “I cattolici sudisti che vivono al nord – precisa -, sono molto impauriti: temono che lo Stato diventi fondamentalista e di conseguenza li perseguiti e costringa a fuggire. Finora non ci sono state violenze nei loro confronti, intimidazioni sì”. “Ma l’incognita vera – prosegue Graziano – sarà vedere se il governo del nord si impegnerà nei fatti a mantenere buone relazioni con il sud, oppure se continuerà, in maniera indiretta, a destabilizzarlo, come sta facendo nella regione di Abey e in Darfur, finanziando le milizie janjaweed che terrorizzano la popolazione. Potrebbe, ad esempio, sostenere i ribelli ugandesi del LRA (Lord’s resistence army) o utilizzare i conflitti tribali nel sud”. Tra le tante questioni aperte nel processo verso l’indipendenza vi sono “i confini da definire, lo status di cittadinanza, la suddivisione del debito estero, la moneta nazionale”. Il referendum è stato appoggiato dagli Usa, che “ora, geopoliticamente, guadagnano un alleato forte in una area sensibile”.