Il metodo storico-critico è positivo, ma ha bisogno di essere completato. Lo ha detto il Papa intervenendo oggi alla quattordicesima Congregazione generale del Sinodo dei vescovi. A riferirlo è l’Osservatore Romano, che sottolinea come l’intervento papale si sia richiamato, nella sostanza, al documento sull’interpretazione della Bibbia nella Chiesa pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica nel 1993, sotto la guida dello stesso Ratzinger, allora cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Attenzione ai rischi di un’esegesi esclusivamente storico-critica, ha detto Benedetto XVI: Abbiamo ascoltato tutto il bene possibile che ci può derivare dall’esegesi, ma dobbiamo considerare anche i suoi rischi. Il metodo storico-critico il cuore dell’intervento del Papa – aiuta a capire che il testo sacro non è mitologia, ma vera storia, aiuta a cogliere l’unità profonda di tutta la Scrittura. Con contributi spesso di altissimo livello accademico aiuta a percepire tutta la realtà del fatto, ma può portare a pensare alla Bibbia come un libro che riguarda solo il passato.Benedetto xvi si è poi riferito al secondo punto della Dei Verbum: Se scompare l’ermeneutica della fede ha detto, secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano al suo posto si afferma l’ermeneutica positivista o secolarista, secondo la quale il divino non appare nella storia. E si riduce tutto all’umano, come nell’attuale mainstream’ dell’esegesi in Germania, che nega la risurrezione di Cristo e la fondazione dell’Eucaristia da parte del Figlio di Dio. Secondo il Papa, dunque, non ha ragion d’essere il dualismo che attualmente separa teologia ed esegesi: una teologia che non si basa sull’interpretazione della Scrittura è una teologia senza fondamento, come non ha fondamento un’esegesi che non sia teologica. Per venire al pratico ha concluso Benedetto xvi dovremmo allargare la formazione dei futuri esegeti.Sir