Opinioni & Commenti

Su Galileo e la Chiesa operazioni antistoriche

di Romanello Cantini

Il «Corriere della Sera» del 25 gennaio scorso ha pubblicato per la prima volta tradotto in italiano il testo del filosofo della scienza viennese Paul Karl Feyerabend, di tendenze laiche ed anarchiche, e che tuttavia ha fatto scalpore giudicando corretto l’atteggiamento della Chiesa durante il processo a Galileo; «La Chiesa – ha scritto Feyerabend – al tempo di Galileo si attenne alla ragione più dello stesso Galileo (…). la sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione».

Questo testo così controcorrente da apparire provocatorio era apparso per la prima volta in tedesco ed era stato ripreso dall’allora cardinale Ratzinger senza peraltro farlo proprio. Ma il giudizio è diventato famoso perché è servito ad alcuni professori per impedire l’accesso del Papa alla Sapienza accusandolo sbrigativamente di essere contro Galileo e contro la scienza.

Ma in realtà come già sapevano tutti coloro che avevano seguito il caso Galileo da vicino sui suoi testi e sulle accuse contro di lui, il processo a Galileo non fu proprio un processo della fede contro la scienza in cui da una parte si brandiva la Bibbia come infallibile e dall’altra la fisica come verità unica.

Galileo non rifiutava la Bibbia anche se giustamente riteneva, con la frase famosa, che la Sacra Scrittura ci indicasse «come si va in cielo» e non «come va il cielo». Ma anche la Chiesa del tempo, certamente molto più rigida di oggi nell’attenersi alla lettera del testo biblico non era del tutto dogmatica nel contrapporla all’esperienza. Come ricorda lo stesso Feyerabend seguendo il testo biblico sembrerebbe che la terra fosse piatta. Eppure già da tempo la Chiesa dava per scontato che fosse rotonda.

Nel caso Galileo, con le conoscenze allora disponibili che lo scienziato pisano aveva enormemente accresciuto, ma rese tutt’altro che definitive, lo scontro non fu un duello netto fra fede e scienza, ma anche fra scienza e scienza. A non accettare e a dubitare del sistema copernicano non furono all’epoca solo il cardinale Baronio o il cardinale Bellarmino o il Sant’Uffizio, ma fior fior di filosofi e di scienziati contemporanei da Bacone a Cartesio, da Grieberger a Grassi e la Chiesa si era affidata ad esperti prima che alla scrittura.Il fatto è che, nel quadro delle conoscenze scientifiche dell’epoca, Galileo aveva portato prove tutt’altro che schiaccianti. Ancor prima di avere letto Feyerabend chiunque abbia dato una scorsa al «Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo» sa che Galileo portò tre prove a favore del sistema eliocentrico: il criterio di analogia della natura per cui è possibile che anche la terra giri come gli altri pianeti; le maree che sarebbero provocate dalle diverse spinte del moto di rotazione e di rivoluzione; le macchie solari che ci appaiono diverse nel tempo perché le vediamo durante il movimento della terra da angolazioni diverse. Di queste tre «prove» solo la prima ha un fondamento anche se più filosofico che scientifico. Le altre due, come oggi è universalmente riconosciuto, sono sballate.

E soprattutto Galileo non riusciva a demolire l’obiezione della forza centrifuga che avrebbe dovuto provocare il moto della terra mentre al contrario gli oggetti cadevano sulla superficie terrestre.

In questo quadro quando si accusa la Chiesa della prima metà del Seicento di aver voluto intenzionalmente condannare la scienza, si organizza una delle tipiche operazioni antistoriche che giudicano il passato con le comode conoscenze del presente.

Di fatto la teoria eliocentrica comincia ad essere dimostrata sul serio solo con la scoperta della gravitazione universale da parte di Newton, oltre dieci anni dopo il processo a Galileo, e diviene definitivamente incontrovertibile solo con scoperte ostiche ai profani, ma ben note agli scienziati come l’aberrazione della luce stellare di Bradley (1725) e la parallasse stellare del 1827.

Questo bisogno di conferma spiega solo in minima parte, ma certo non giustifica il fatto che le opere di Galileo fossero tolte dall’Indice solo nel 1757.

Il Sant’Uffizio propose a suo tempo di trattare del sistema eliocentrico solo come ipotesi non solo per la sua discutibilità all’epoca, ma anche per le conseguenze che una tale rivoluzione del sapere avrebbe avuto su un mondo in cui la religione era strumento di coesione e di ordine.

Dall’altra parte, sulla base di una intuizione allora non del tutto provata e dimostratasi alla fine giusta, Galileo è diventato il simbolo dell’anticlericalismo e dell’ostilità alla chiesa dei «galileiani».

Lui che dedicava le sue opere al Papa, abitava con l’arcivescovo di Siena e aveva due figlie entrambe monache.