Pisa

«SU ELUANA TANTA CONFUSIONE»

di Andrea Bernardini

È  morta da sola, lontana dai suoi cari, nella stanza che avevano preparato per il suo ultimo viaggio, nella terra degli avi, come ha sempre voluto papà Beppino. Eluana Englaro è andata via all’improvviso, in silenzio, mentre intorno a lei, a Udine e a Roma, si polemizzava sul suo destino e sulla sua vita. Erano da poco passate le 20. La donna, che dallo scorso venerdì mattina non era più alimentata e idratata, si è sentita male all’improvviso. Con lei non c’era neanche l’anestesista Amato De Monte, il medico che nella notte fra lunedì e martedì scorso era andato a prenderla a Lecco, nella clinica Beato Luigi Talamone, dove le suore Misericordine l’hanno assistita per 15 anni. Prelevato da un auto della Questura, De Monte è arrivato più tardi nella residenza sanitaria. A lui è rimasto il compito di telefonare a papà Beppino. Nella stanza al piano terra della Quiete, in fondo a un corridoio guardato a vista 24 ore su 24 da una guardia giurata, non più tardi della mattina di lunedì chi l’aveva vista ha detto che le sue condizioni erano «stazionarie», che era «abbastanza idratata».Scuote la testa il dottor Alessandro Bassi Luciani, ricercatore di medicina legale al dipartimento di neuroscienze dell’ateneo pisano; e uno dei medici legali nominati dall’Azienda ospedaliera pisana per accertare la morte di tutti quegli uomini o donne per i quali si ipotizza la condizione di morte cerebrale. «Ci sono molti aspetti che in questa vicenda mi lasciano fortemente perplesso» confida il dottor Bassi Luciani. «Intanto non mi convince, e per molti motivi, il decreto della Corte di Appello di Milano che ha autorizzato la sospensione di ogni sostegno vitale per Eluana Englaro. Uno su tutti: sono stupito – lo dico da medico legale – di come i magistrati milanesi possano aver emesso un decreto di questa portata senza prima aver sottoposto la Englaro a perizia medico-legale, ma solo basandosi su certificazione di parte, ovvero prodotta solo dalla famiglia. Normalmente decisioni in merito alla salute delle persone (ad esempio in casi di compatibilità o meno tra salute e regime di detenzione) vengono prese dopo perizia medico-legale disposta dall’ufficio».Dottor Bassi Luciani, vogliamo parlare delle procedure adottate per accompagnare Eluana alla morte? «Volentieri. Con una precisazione, però: quel protocollo non è un documento elaborato dalla Corte di Appello di Milano, ma una scrittura privata firmata da Beppino Englaro e l’associazione “per Eluana”. A mio parere quello è un concentrato di ipocrisia: si pensi che esso prevedeva che doveva essere garantito “un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio” provvedendo “alla umidificazione frequente delle mucose (… e di) sostanze idonee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi (con)spray di acqua minerale”. In quel protocollo è specificato che, allo scopo di prevenire reazioni epilettiche (che la disidratazione può comportare) dovevano essere somministrati farmici antiepilettici. Infine, buona parte del protocollo era dedicato all’impegno della totale segretezza che i due medici e gli infermieri hanno dovuto sottoscrivere “in ordine al protocollo operativo e alla sua attuazione”. A rafforzare la totale segretezza di ciò che avrebbe dovuto avvenire su Eluana il protocollo prevedeva addirittura che la documentazione sanitaria avrebbe dovuto essere dapprima redatta e conservata da parte del personale e poi consegnata a Beppino Englaro… quando si dice la trasparenza!».Dottore, su questa vicenda si sono consumati fiumi di inchiostro. Secondo lei come hanno lavorato gli operatori della comunicazione?«Spesso male. Per mesi ho letto sulla stampa che Eluana Englaro era una donna in agonia. Ebbene, come si può leggere su qualunque vocabolario, il termine “agonia” ha altro significato: è la condizione di lenta ed inesorabile diminuzione delle forze vitali che precede la morte; una “agonia” di 17 anni è di per sé una contraddizione! I media hanno descritto le sue condizioni come dolorose: ma Eluana non abbisognava di alcun farmaco che abbattesse il dolore».C’è chi ha sostenuto che voler portare avanti a tutti i costi la vita di Eluana rappresentasse una sorta di accanimento…«Eluana non è stata sottoposta ad alcun accanimento. L’accanimento , per essere tale, avrebbe implicato terapie mediche straordinarie e sproporzionate che, invece, non sono state eseguite semplicemente perché non ne aveva bisogno. Non va dimenticato che quando (erano pochi mesi fa) Eluana ebbe una grave emorragia che la portò vicina alla morte – a causa della ripresa del ciclo mestruale – non fu effettuata nessuna terapia, né medica, né farmacologica, né trasfusionale: da quella emergenza si riprese spontaneamente con una incredibile rapidità. È invece vero che non vi è stato niente di terapeutico, poiché non sono “terapeutiche” le pratiche igieniche che le sono state praticate, né lo sono state le passeggiate in carrozzina, che le facevano fare le persone che la accudivano».Come si nutriva Eluana? «L’alimentazione che veniva somministrata ad Eluana non era artificiale: poiché la donna lecchese veniva nutrita, con cibi fluidi e calibrati, tramite un sondino naso-gastrico e non tramite stomia addomino-gastrica “PEG”; né era forzata: se vogliamo dare il giusto significato alle parole, l’alimentazione era semplicemente “assistita”».Negli ultimi tempi, per descrivere le sue condizioni, è stato spesso adottato il termine di stato vegetativo permanente… «Questa definizione è errata, poiché, in medicina, è permanente ciò di cui si sa non si possa più guarire (ovvero è irreversibile). Gli studiosi affermano, al contrario che si debba parlare semplicemente di “stato vegetativo”: continuare ad utilizzare l’aggettivo “permanente” significa rifarsi a letteratura scientifica ormai obsoleta che è ritenuta da molti antiscientifica e che, non solo in questo caso, può svelare un certo pregiudizio ideologico».Si è letto e sentito che Eluana «aveva espresso i suoi desideri in piena lucidità»… «Ma questo non corrisponde certo al concetto di “consenso informato” che, in forza all’art. 32 della Costituzione, è alla base di ogni trattamento sanitario, sia accettato che rifiutato. Come medico legale dedico, in tutti i corsi in cui insegno, più ore di lezione per spiegare il significato del consenso informato: ebbene il consenso informato è qualche cosa di diverso rispetto ad un desiderio espresso in piena lucidità perché richiede una ben diversa informazione, e, soprattutto, un coinvolgimento personale che non può basarsi sull’aver saputo (od anche visto? le notizie della stampa non mi sembrano essere state esaustive in proposito) della compromissione neurologica di un amico che, credo, fosse in stato di “coma”, e non in condizione di stato vegetativo».Quale «lezione» ci dà questa storia? «Il caso Englaro e gli altri centinaia e centinaia presenti in Italia, ci stimola a promuovere una sempre maggiore accoglienza verso questi cittadini che versano in condizioni così difficili. È ovvio che ciò ha un costo e potrebbe sembrare che alcuni abbiano portato avanti la “battaglia” per far morire di inanizione l’Englaro non rispondendo ad una questione di coscienza, ma più semplicemente per motivi… di bilancio. Ora, se per motivi economici diventa “eticamente accettabile” sopprimere un invalido come Eluana, fra non molto potrebbe essere “eticamente accettabile” sopprimere anche chi ha minori invalidità, ma comunque non produce più per la società, e, chissà, si potrebbe forse arrivare, con sollievo per i bilanci della Sanità, a fare anche qualche pensierino sui tanti pensionati non più produttivi che, seriamente ammalati, sono abbisognevoli di costanti, costose e lunghe terapie». Sta scherzando.. Non è una visione un po’ pessimistica? «Niente affatto: l’esempio è fortemente forzato, ma fatta la strada, questa procede; con gli anni, ma procede, se ne può star certi…