Opinioni & Commenti
Studenti stranieri, il rischio del ghetto
Nella marea festosa degli studenti che stanno per affollare le strade della città, facilmente riconosceremo volti di studenti di altri Paesi.
Prato, con la più numerosa comunità cinese d’Italia e una percentuale di studenti stranieri nelle scuole intorno al 14%, ha affrontato da tempo il problema dell’accoglienza e dell’integrazione scolastica. Coniugando la normativa di riferimento con le esigenze quotidiane, ogni istituto scolastico ha cercato di dare una risposta ai bisogni degli allievi, adoperandosi per facilitare il compito degli insegnanti con iniziative di formazione e di sensibilizzazione. Negli anni si sono costruiti rapporti fra scuole, enti e associazioni, in seguito organizzati in rete, al fine di potenziare gli interventi di accoglienza, di formazione dei docenti e di educazione interculturale.
Al centro dell’attenzione la classe multietnica, che rappresenta un microcosmo nel macrocosmo della globalizzazione, poiché pone insegnanti e alunni di fronte a scelte impegnative, audaci e sempre diverse sul piano delle interazioni e non solo su quello metodologico e pedagogico.
In questi anni ho avuto modo di riflettere spesso sui bisogni degli studenti migranti che si iscrivevano al liceo.
La presenza di studenti di altri Paesi pone infatti la scuola di fronte ad azioni complesse: gestire positivamente l’attività didattica e accogliere il nuovo studente con i suoi bisogni, oltreché favorirne l’accoglienza nel gruppo dei pari, perché la scuola diventi esperienza di tutti.
Ogni Paese possiede caratteri distintivi, connotati dalle tradizioni culturali e dai valori di riferimento della società: è su questi che si imposta l’azione pedagogica.
È perciò comprensibile la difficoltà dell’adolescente migrante, che ha la sensazione di perdere i termini di riferimento, ma anche quella dei docenti, che non riescono spesso a percepire il suo sentimento di perdita e di straniamento, spesso stupiti dell’impenetrabilità che suggerisce lo studente neoarrivato.
Per lui anche il gruppo dei pari, degli altri studenti, così sicuri e nel pieno possesso del loro mondo, appare chiuso e talora ostile; e poi il diverso credo religioso e talora i tabù sociali e culturali non favoriscono la comunicazione: si pensi alla difficoltà che prova a interagire in una classe mista una ragazza islamica che abbia frequentato solo scuole riservate alle ragazze.
Il rischio che si crei l’hortus conclusus degli studenti stranieri è senz’altro presente nella scuola, se non si creano opportune occasioni di dialogo.
Diritti da riconoscere, regole da costruire: questa la riflessione di alcuni anni fa a un convegno sulla scuola multiculturale e tale il compito precipuo della scuola.
La presenza di studenti stranieri fa emergere dunque la necessità di una paideia nuova, per costruire una comune cittadinanza.